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Covid 19

Benefici del vaccino Johnson&Johnson superiori a rischi: una morte per trombosi su 7 milioni di dosi

Sebbene non sia stato ancora confermato un legame tra il vaccino anti Covid di Johnson & Johnson e i rarissimi casi di trombosi della vena sinusale associata a carenza di piastrine, sei (di cui uno mortale) su 7,2 milioni di dosi, gli esperti sospettano che alla base delle reazioni avverse possa esservi il vettore virale Adenovirus Ad26. Del resto, si tratta dello stesso utilizzato nel vaccino di AstraZeneca che è stato associato ad analoghi – e altrettanto rari -eventi tromboembolici. I numeri coinvolti, tuttavia, indicano che i benefici dei vaccini superano di gran lunga eventuali rischi.
A cura di Andrea Centini
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Il 13 aprile si è abbattuta una nuova tempesta sulla campagna vaccinale contro il coronavirus SARS-CoV-2, a causa della richiesta di sospensione (a scopo puramente precauzionale) per il vaccino di Johnson & Johnson da parte della Food and Drug Administration (FDA) e dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC), le principali agenzie di sanità negli Stati Uniti. Lo stop, legato a rarissimi eventi tromboembolici, ha avuto già un impatto sulla consegna delle dosi nei Paesi europei, per i quali l'arrivo delle prime era atteso proprio il 13 aprile. L'Italia punta molto sul farmaco JNJ-78.436.735/Ad26.COV2.S prodotto da Janssen Pharmaceutica (divisione di Johnson & Johnson in Belgio), anche perché si tratta di un vaccino a singole dose che farebbe incrementare in modo significativo il processo di immunizzazione, ma a causa della battuta d'arresto potrebbero esserci ripercussioni significative sulla velocità della campagna. Gli esperti, tuttavia, sono ottimisti sulla rapida ripresa delle somministrazioni, poiché il numero di persone colpite è talmente basso da non intaccare minimamente il rapporto rischi-benefici, di gran lunga in favore del vaccino.

Come sottolineato da FDA e CDC, del resto, la richiesta di stop è stata avanzata per “abundance of caution” (estrema cautela) al fine di dimostrare l'eventuale correlazione tra gli eventi tromboembolici e la somministrazione del vaccino – che non è stata ancora rilevata -, ma anche per preparare gli operatori sanitari a intervenire nel caso in cui dovesse palesarsi questa rarissima reazione avversa. I numeri, come indicato, sono estremamente esigui: su circa 7,2 milioni di dosi inoculate, infatti, gli eventi di trombosi della vena sinusale associata a carenza di piastrine (trombocitopenia) si sono verificati soltanto in 6 pazienti, tutte donne giovani con un'età compresa tra i 18 e i 48 anni. Una purtroppo è deceduta, mentre un'altra versa in condizioni critiche, come comunicato dall'FDA durante una conferenza stampa tenutasi il 13 aprile. Facendo due semplicissimi calcoli, si tratta di meno di un caso di trombosi della vena sinusale ogni milione di inoculazioni e di un evento mortale ogni 7,2 milioni. Se andassimo a leggere quanti decessi si verificano ogni anno causati da farmaci da banco e non (come il comunissimo acido acetilsalicilico) che prendiamo senza preoccupazione alcuna del “bugiardino”, non ci cureremmo più. Lo stop al vaccino legato a questi rarissimi e infausti eventi, dunque, mostra che la farmacovigilanza funziona e che le autorità regolatorie e le aziende coinvolte hanno come principale priorità la salute delle persone.

Basti pensare che solo negli Stati Uniti il coronavirus SARS-CoV-2 ha contagiato 31,3 milioni di persone e ne ha uccise 564mila, determinando nel 2020 un'impennata della mortalità complessiva (3,3 milioni di decessi) fino al 23 percento superiore rispetto a quella dei cinque anni precedenti (l'oscillazione annuale è normalmente dell'1-2 percento). Mai nella storia degli USA erano morte così tante persone in un solo anno, in termini assoluti. La pandemia ha inoltre provocato il decesso di tantissimi giovani (soprattutto a luglio 2020) e ha lasciato oltre 40mila bambini e adolescenti senza almeno un genitore. In Italia, ad oggi, 115mila vite sono state spezzate a fronte di 3,8 milioni di contagi. Il rapporto di un decesso su 7,2 milioni di inoculazioni, qualora venisse confermato il legame col vaccino, sarebbe dunque considerato “accettabile” nel bilancio rischi-benefici. Certamente, anche la perdita di una sola vita umana è sempre dolorosa e deve essere fatto tutto il possibile per scongiurarla. Per questo è stato decisa la sospensione temporanea del farmaco, per prendere tutte le precauzioni necessarie e prevenire ulteriori decessi. Come spiegato dagli esperti, infatti, questa forma di trombosi – associata anche al vaccino di AstraZeneca – può essere trattata e curata se presa in tempo, anche perché del tutto affine alla “trombocitopenia indotta da eparina” o HIT, una reazione al farmaco fluidificante del sangue che può indurre trombi e crollo piastrinico.

L'Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ha confermato che il rischio (rarissimo) di questa forma di trombosi – cui alcuni ricercatori tedeschi hanno dato il nome di sindrome da trombocitopenia immunitaria protrombotica indotta da vaccino o VIPIT – è possibile dopo il vaccino di AstraZeneca; si sospetta che il legame possa essere confermato anche per il vaccino anti Covid di Johnson & Johnson. I due farmaci, del resto, condividono la medesima tecnologia – sono vaccini a vettore virale basati sull'adenovirus Ad26 –, inoltre la reazione avversa è stata riscontrata nella stessa fascia di popolazione, nella stragrande maggioranza dei casi donne giovani, che hanno un sistema immunitario più reattivo (si ritiene che la trombosi sia proprio una reazione immunitaria). Gli esperti ritengono che tale rischio possa essere abbattuto riducendo la concentrazione di principio attivo nei vaccini basati sul vettore virale, ma naturalmente le decisioni andranno prese sulla base di rigorose valutazioni scientifiche. Al momento la somministrazione del vaccino di AstraZeneca in numerosi Paesi (Italia compresa) è stata raccomandata alle fasce di età superiori ai 60 anni, dunque non si esclude che anche per il Johnson & Johnson possa essere prese simili dopo le valutazioni degli esperti. Gli scienziati ritengono comunque che le somministrazioni debbano ripartire al più presto, proprio perché i benefici del farmaco superano di gran lunga il rischio dei rarissimi casi di trombosi.

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