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Alti livelli di inquinamento possono aumentare la mortalità del coronavirus: lo studio

Una persona residente per decenni in una zona con alti livelli di inquinamento avrebbe il 15 percento di probabilità in più di morire per il coronavirus rispetto a qualcuno che ha vissuto per lo stesso tempo in una zona con aria più pulita.
A cura di Marco Paretti
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Chi vive in aree caratterizzate da alti livelli di inquinamento, come le grandi metropoli, ha un rischio più alto di morire a causa di infezioni alle vie respiratorie causate da virus come il SARS-CoV-2 rispetto a chi vive in zone con aria più pulita. A confermare la correlazione, che in passato era già stata sottolineata da scienziati anche in Italia, è un nuovo studio americano della Harvard University T.H. Chan School of Public Health. A finire sotto osservazione sono state 3.080 contee statunitensi, dove sono stati analizzati i livelli di PM 2,5 scoprendo che una maggiore presenza di queste particelle è associata con un tasso di morte maggiore.

"I risultati della nostra ricerca mostrano che una esposizione a lungo termine all'inquinamento atmosferico aumenta la vulnerabilità ai sintomi più gravi del coronavirus" hanno scritto gli autori dello studio. Nella ricerca viene spiegato che se Manhattan avesse diminuito i livelli di PM di una sola unità – o di un microgrammo per metro cubico – nel corso degli ultimi 20 anni, la situazione attuale avrebbe visto una diminuzione di circa 248 morti per Covid-19. Lo studio è attualmente in fase di pre approvazione e pre pubblicazione nel New England Journal of Medicine.

Una persona residente per decenni in una zona con alti livelli di polveri sottili, spiega lo studio, avrebbe il 15 percento di probabilità in più di morire per il coronavirus rispetto a qualcuno che ha vissuto per lo stesso tempo in una zona con anche solo una unità in meno di PM. Quello americano non è l'unico studio ad aver sottolineato la correlazione tra inquinamento e morti per Covid-19, un rapporto che le situazioni delle zone più inquinate nel mondo stanno rendendo lampante da settimane, anche in Italia dove proprio la Lombardia rappresenta una delle zone più inquinate.

A marzo una ricerca guidata da scienziati della Società italiana di medicina ambientale (Sima) ha individuato una correlazione tra i picchi di polveri sottili PM 10 e PM 2,5 nel Nord Italia e una diffusione accelerata dei contagi di COVID-19. “Le polveri stanno veicolando il virus, fanno da carrier. Più ce ne sono, più si creano autostrade per i contagi” ha dichiarato il coautore della ricerca Gianluigi de Gennaro. La Pianura Padana, uno dei luoghi più inquinati d'Europa, potrebbe quindi aver spianato la strada al virus proprio per l'impatto che le polveri sottili hanno sull'aumento del rischio di complicazioni dovute al coronavirus.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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