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Agenzia spaziale russa accusa astronauta americana di aver sabotato la ISS per tornare a casa prima

Un alto funzionario dell’agenzia spaziale russa, la ROSCOMOS, in un’intervista anonima sulla TASS ha dichiarato che il foro praticato nel 2018 sulla navetta Soyuz attraccata alla Stazione Spaziale Internazionale – che provocò una perdita di pressione nel laboratorio orbitante – fu un atto di sabotaggio deliberato da parte di una astronauta americana. Ecco con quali motivazioni, secondo i russi.
A cura di Andrea Centini
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La Stazione Spaziale Internazionale. Credit: NASA
La Stazione Spaziale Internazionale. Credit: NASA

Quasi tre anni esatti fa, all'inizio di settembre 2018, a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) si verificò un improvviso calo della pressione interna, provocato da un minuscolo foro – con un diametro di un paio di millimetri – rivenuto all'interno della navetta Soyuz MS-09, che era attraccata al laboratorio orbitante. Inizialmente si pensò all'impatto con un piccolissimo sasso spaziale o detrito, ma la natura del buco alimentò quasi immediatamente i sospetti che potesse essere stato opera dell'uomo. Nel giro di un paio di giorni arrivò la conferma dell'atto deliberato, molto probabilmente con un piccolo trapano, del quale erano evidenti anche diverse strusciate attorno al danno principale (probabilmente per la microgravità che ha reso difficile l'esecuzione). Sin dapprincipio ci furono accuse reciproche tra Stati Uniti e Russia, fino ad allora andate quasi sempre “d'amore e d'accordo” nella gestione della Stazione Spaziale Internazionale. Dunque chi e perché avrebbe messo a repentaglio la sicurezza dell'intero equipaggio con un atto del genere? Il danno, fortunatamente, fu riparato in breve tempo, ma gli strascichi di quell'incidente sono arrivati sino ai giorni nostri.

Il foro sulla Soyuz. Credit: NASA
Il foro sulla Soyuz. Credit: NASA

L'ultima novità, dopo tre anni di di frecciate incrociate tra la NASA e l'agenzia spaziale russa (ROSCOMOS), arriva proprio da un alto funzionario di quest'ultima, che non solo accusa apertamente gli americani, ma fa anche il nome dell'astronauta che avrebbe provocato il danno e soprattutto le sue ragioni. Nel mirino del dirigente della ROSCOMOS, intervistato dall'Agenzia di Stampa russa TASS ma rimasto anonimo per questioni di sicurezza, è finita Serena Maria Auñón-Chancellor, medico-astronauta classe 1976 che arrivò a bordo della ISS il 6 giugno 2018 con la Expedition 56/57, dopo un viaggio dal Cosmodromo di Baikonur proprio a bordo della Sojuz MS-09. Ma perché, secondo il funzionario della ROSCOMOS, l'astronauta avrebbe sabotato l'ISS? La ragione risiederebbe nel fatto che la donna sviluppò una trombosi venosa profonda nella giugulare, il primo caso noto in assoluto tra gli astronauti in orbita. Si tratta di una condizione severa che va trattata prontamente, ma nello spazio ovviamente non si può essere assistiti come sulla Terra. Uno dei medici coinvolti chiese alla NASA se vi fosse la possibilità di raggiungere la paziente nello spazio, ma non c'era il tempo per organizzare il viaggio. L'astronauta fu trattata con l'anticoagulante Enoxaparina e un altro farmaco giunto successivamente; il trombo si ridusse costantemente (ma non sparì) e permasero a lungo i problemi di circolazione. La malattia, secondo il funzionario della ROSCOMOS, avrebbe provocato una “crisi psicologica acuta” nell'astronauta, che avrebbe così deciso di sabotare il laboratorio orbitante per poter tornare sulla Terra il più presto possibile (anziché a dicembre, come prevedeva la tabella di marcia).

I russi hanno sottolineato che il foro non poteva essere stato fatto a terra (come indicato dagli americani) perché la navetta Soyuz non avrebbe superato i test di collaudo che si fanno prima del decollo, inoltre, ha aggiunto la ROSCOMOS, tutti i cosmonauti russi si sono sottoposti alla macchina della verità, mentre non lo hanno fatto quelli della NASA. Infine, oltre al fatto che la telecamera che puntava sulla sezione danneggiata era disattivata, è stato trovato solo un foro che ha perforato lo scavo, mentre altri diversi tentativi sono andati a vuoto, segno che chi ha fatto il danno non avesse una conoscenza precisa della navetta russa. Tutti “indizi” che secondo i russi porterebbero alla responsabilità degli americani. Ma la NASA ha rispedito al mittente tutte le accuse, esprimendo solidarietà e vicinanza a Serena Maria Auñón-Chancellor. “Gli astronauti della NASA, tra cui Serena Auñón-Cancelliere, sono estremamente rispettati, servono il loro Paese e danno un contributo inestimabile all'agenzia. Sosteniamo Serena e la sua condotta professionale. Non crediamo che queste accuse abbiano alcun fondamento”, ha dichiarato su Twitter Kathy Lueders, responsabile del volo spaziale umano per la NASA. “Sono pienamente d'accordo con la dichiarazione di Kathy. Sostengo pienamente Serena e starò sempre al fianco dei nostri astronauti”, le ha fatto eco Bill Nelson, amministratore dell'agenzia spaziale a stelle e strisce. La vicenda, naturalmente, non si chiude qui e le accuse reciproche tra USA e Russia – verosimilmente – andranno avanti a lungo. È tuttavia improbabile che conosceremo ma la verità sulle cause di questo mistero fra le stelle.

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