Acqua su Marte: scoperti aloni di silice che svelano nuovi segreti del Pianeta Rosso
![Immagine](https://staticfanpage.akamaized.net/wp-content/uploads/sites/5/2017/02/marte.jpg)
Ricercatori del Los Alamos Laboratory (New Mexico), uno dei più grandi laboratori multidisciplinari al mondo, hanno determinato che Marte è stato ricco di acqua molto più a lungo di quanto si credesse sino ad oggi. La scoperta è stata fatta grazie a specifiche immagini catturate dal rover Curiosity, “ammartato” nel cratere Gale del pianeta rosso nell'agosto del 2012. Non sono state sufficienti le semplici fotografie, ma anche i dati elaborati dalla sofisticatissima laser-shooting Chemistry & Camera (ChemCam), un dispositivo sviluppato presso lo stesso Los Alamos National Laboratory in collaborazione con l'agenzia spaziale francese.
![Gli aloni di silice individuati da Curiosity](https://staticfanpage.akamaized.net/wp-content/uploads/sites/5/2017/05/alone2.jpg)
Le analisi hanno fatto emergere la presenza di aloni di silice dalle tonalità chiare che contrastano col colore più scuro degli elementi e delle fratture circostanti. Questi aloni sono stati scoperti a un'altitudine di circa 20/30 metri all'interno del cratere Gale, nei pressi di antichi sedimenti lacustri, e sarebbero un chiaro indizio della persistenza dell'acqua. “La concentrazione di silice – ha sottolineato l'autore principale dello studio, il professor Jens Frydenvang – è molto alta nella parte centrale degli aloni”. “Questo ci fa pensare – ha proseguito lo studioso – che la silice si sia spostata da depositi di rocce molto antichi a strati più giovani, una migrazione resa possibile solo dalla presenza di acqua”.
![Immagine](https://staticfanpage.akamaized.net/wp-content/uploads/sites/5/2017/05/alone1.jpg)
In pratica, anche dopo il prosciugamento del lago, l'acqua avrebbe continuato a scorrere sotto la superficie per molto tempo, lasciando la sua “firma” con questi aloni. I ricercatori sostengono dunque che una grande quantità d'acqua – che era persino potabile – sia rimasta sul fondo del cratere Gale molto più a lungo di quanto ritenuto in precedenza. “Questi dati ci permettono di espandere ulteriormente la finestra temporale in cui la vita potrebbe essere esistita su Marte”, ha sottolineato Frydenvang. I dettagli dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Geophysical Research Letters.
[Foto di NASA]