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“Abbiamo colonizzato Marte”, ma la Nasa non ne sa niente

Durante una crociera di complottisti viene rivelato che la Nasa sta già colonizzando Marte nel totale segreto. Eppure oggi non siamo sicuri nemmeno di come realizzare il primo viaggio umano senza disastri.
A cura di Juanne Pili
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I teorici del complotto vanno in crociera. L'evento di una settimana si sta svolgendo al largo della costa del Messico, ed è stato battezzato Conspira-Sea Cruise. I temi classici sono tutti ben rappresentati: Geoingegneria clandestina, Signoraggio bancario, 11 settembre, omicidio Kennedy, ma anche gli insabbiamenti della Nasa. Non solo riguardo gli allunaggi, c'è anche chi come Laura Eisenhower sostiene l'esistenza di una colonizzazione in atto di Marte. La stessa Eisenhower ha affermato di essere stata reclutata nel 2006 per raggiungere gli altri coloni del Pianeta rosso, dove avrebbe imparato molto su quello che starebbe succedendo dietro le quinte.

Sì, ci sono colonie su Marte e sì, c'è un programma spaziale che vogliono tenerci segreto.

Non ci è dato sapere come l'hanno presa i negazionisti degli allunaggi. Una cosa è certa, anche se non è chiaro come si colleghi con la faccenda della terra-formazione di Marte: non bisogna votare Hillary Clinton perché "lei non è umana … non abbiamo nemmeno voglia di sapere quel che è". Se teoricamente è possibile un viaggio umano su Marte questo non si traduce nella sua attuale fattibilità. Anche se si trovassero i fondi necessari e venissero superati gli ostacoli principali si tratterebbe di equipaggi ristretti, ed oltre a questo una colonizzazione – la quale implicherebbe una terra-formazione (modifiche geologiche atte a rendere il Pianeta vivibile, anche in aree circoscritte, come le serre) – date le conoscenze e i limiti attuali sarebbe impossibile.

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Perché non possiamo partire

Attualmente il periodo massimo non deve superare i sei mesi, come già avviene a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. Anche se si è concluso con successo un esperimento di resistenza di un anno: gli astronauti non si reggevano in piedi. Sono tante le ragioni per cui una missione umana sul Pianeta rosso, stando alle conoscenze attuali, sarebbe pura follia. Non è solo un problema di costi o di salute. Lo ha stabilito anche  l'Institute of Medicine (Iom), commissione medica americana.

Questo genere di missioni esporrebbe probabilmente i membri dell'equipaggio a dei livelli di rischio conosciuto che vanno al di là di quelli autorizzati dai criteri attuali in materia di salute, oltre che a una serie di rischi mal definiti, incerti quando non imprevedibili.

Il fattore principale è quello del peso. Più il mezzo è pesante maggiore dovrà essere il carburante, che a sua volta è una massa in più. Un viaggio su Marte, che nella migliore delle stime dovrebbe durare quasi due anni (mese più, mese meno) richiederebbe un equivalente in acqua, ossigeno ed altri approvvigionamenti. Il peso inoltre aumenta proprio tenendo conto della salute: in sei mesi le radiazioni solari non dovrebbero essere nocive; nel caso di tempeste solari basta per esempio orientare il mezzo in senso longitudinale rispetto al potente vento solare emesso, in questo modo l'abitacolo viene abbondantemente schermato dal resto del razzo. In due anni però la contaminazione diviene impossibile da evitare. Le principali soluzioni possibili sono: rivestire l'abitacolo di una camera riempita d'acqua, oppure con uno scudo di piombo; in entrambi i casi stiamo aggiungendo del peso. Inoltre la mancanza di gravità causa una perdita di massa muscolare e ossea che difficilmente gli esercizi fisici in due anni di viaggio riuscirebbero a compensare, col rischio che su Marte gli astronauti ci arrivino in carrozzina. Si potrebbe inserire nel razzo un sistema di alloggi circolare che riproduca la gravità, per mezzo della forza centrifuga generata dalla sua rotazione; quindi si aggiungerebbe ancora peso ed energia da impiegare.

Ospiti indesiderati. Nonostante gli astronauti vengano sottoposti a minuziosi controlli sanitari, si possono certo eliminare tutti i batteri e virus che il nostro corpo ospita – è praticamente impossibile – in sei mesi se qualcuno si sente male può anche accontentarsi del medico di bordo, idem dicasi per casi di lesioni o fratture durante il lavoro; ma in due anni sarebbe un bel problema. Che si fa se tutto l'equipaggio nel frattempo viene contagiato o se qualcuno ha delle ferite che richiedono un intervento? Lo si amputa come si faceva nel secolo scorso in mancanza di strutture adeguate? Bisognerebbe aggiungere una clinica attrezzata nel razzo, con tanto di infermieri, come l'infermeria di Leonard MacCoy in Star Trek. Quindi altro peso, altro carburante, maggiori costi.

La questione psicologica. Già in sei mesi episodi di attrito tra i membri di un equipaggio costretto a sopportarsi possono capitare; in un paio d'anni potremmo assistere alla prima rissa spaziale, magari tra astronauti di diversi paesi – non sarebbe uno spettacolo edificante.

Costruire astronavi. Abbiamo elencato solo una parte dei motivi per cui un viaggio su Marte è attualmente impossibile per equipaggi umani. Ci vorrebbe una missione che coinvolga numerosi paesi, per finanziare un'astronave vera e propria – cosa da non escludere nei prossimi secoli – mettiamoci l'anima in pace, per ora.

Per saperne di più consigliamo il video di link4universe, Come mai non siamo già su Marte? Dove elenca in tempi non sospetti 10 motivi per cui non siamo ancora andati sul Pianeta Rosso.

Come ci andremo in futuro

Abbiamo trattato dei motivi per cui una missione umana su Marte dovrebbe essere ancora impossibile. Eppure c'è chi ancora non si arrende, come gli scienziati dell'Imperial College di Londra, che hanno esposto la loro ricetta alla Bbc, auspicando il viaggio già per il 2018. Il sito fornisce anche delle interessanti animazioni. Tuttavia ci permettiamo di essere un tantino scettici al riguardo, visto che mancherebbero solo due anni. Inoltre la prossima missione dovrebbe avvenire nel 2020 e non è certo umana.

I problemi sono fatti per essere risolti; questa in fondo è la cifra della civiltà. Marte dista da noi la bellezza di 56 milioni di chilometri, o meglio, questa sarebbe la distanza minima che ci separa dal Pianeta rosso in periodi precisi della sua orbita rispetto alla nostra. Stando alle tecnologie attuali solo l'andata durerebbe sei mesi, a cui va aggiunto il periodo di esplorazione, che dovrebbe durare il tempo utile perché il pianeta torni ad una posizione tale da dover percorrere la minor distanza possibile. In tutto per l'andata e ritorno dovrebbe passare almeno un anno e mezzo – ragionando da ottimisti.

Occorre realizzare la gravità artificiale. I problemi principali riguardano le radiazioni cosmiche, la perdita di massa ossea e muscolare. Quindi dopo la partenza l'equipaggio si trasferirebbe dal Lander al Veicolo crociera, entrambi dovranno ruotare attorno ad un asse, ricavato collegandoli a 60 metri di distanza tramite un cavo. In questo modo si otterrebbe una forza centrifuga sufficiente a simulare la gravità.

Contro le tempeste solari – quando le radiazioni sono più pericolose – sarà sufficiente utilizzare uno scudo termico, posizionato nel Lander, mentre l'equipaggio resterà al riparo a 60 metri di distanza, nel veicolo di crociera.

Raggiunta l'orbita di Marte i veicoli si uniranno di nuovo assieme, permettendo all'equipaggio di tornare nel Lander, il veicolo che servirà loro per atterrare attraverso una combinazione di paracadute. Questo scenderebbe poi sulla superficie di Marte, utilizzando lo scudo termico per proteggersi dall'attrito dell'atmosfera e dei paracadute per addolcire la discesa, assieme a degli appositi razzi direzionali.

L'incognita sanitaria. Restiamo sempre limitati all'uso di pillole e sensori Wireless per monitorare le condizioni fisiche; se qualcuno si ferisce o si frattura non potrà usufruire di una infermeria, né di interventi tempestivi ed adeguati. Senza contare i disturbi del sonno, dovuti alla mancanza del normale ciclo giorno-notte, che creerà non pochi problemi ai ritmi circadiani degli astronauti. Infine rimane il problema di doversi sopportare durante tutta la missione, chiusi in un modulo sparato nel buio cosmico. Rischi minimi se pensiamo al più importante: quello di non riuscire a tornare indietro. Come li riportiamo a casa?

Il punto di atterraggio ideale dovrebbe essere nell'equatore, dove esistono temperature più miti (-30°C). Lì i nostri esploratori troverebbero ad aspettarli dei robot inviati per estrarre l'acqua dai ghiacci sottostanti, per ottenere tramite elettrolisi il carburante necessario al veicolo di ritorno, anch'esso piazzato sulla superficie da una missione precedente. Azzeccare il momento giusto in cui atterrare determinerà la durata della permanenza dei primi esseri umani su Marte. La finestra di tempo varia da tre mesi e due anni, tanto per intenderci. Più tempo passa, tanto minori saranno le probabilità di successo. Siamo davvero disposti a rischiare così tanto?

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Limiti della terra-formazione

Acqua su Marte nel sottosuolo. La possibilità è ormai ampiamente nota. Il problema che affanna gli scienziati è dimostrarlo. Recentemente il rover Curiosity della Nasa ha compiuto un nuovo passo che ci avvicina sempre più alla scoperta. Intanto c'è già chi pensa di coltivarvi zucchine. Non dimentichiamo che sul Pianeta rosso opera anche il rover Opportunity, con compiti analoghi. In sostanza, Curiosity ha rivelato la presenza di minerali-trappola in grado di catturare l'acqua, che sarebbe quindi salata. Javier Martin-Torres coordinatore del gruppo di ricercatori che si occupa dello studio, ne ha pubblicato su Nature Geoscience i risultati.

Minerali trappola. A quanto pare queste rocce sono maggiormente presenti nell'equatore. Siamo così sempre più vicini a scoprire l'effettiva presenza di acqua su Marte. Si tratta per adesso di ipotesi basate sul ritrovamento di perclorati di calcio, noti ai geologi come vere e proprie "trappole" per l'acqua. Per tanto, la presenza del minerale è un indizio importante nella ricerca di densi accumuli d'acqua, in prossimità della superficie della crosta marziana. Questi particolari sali intrappolano la notte l'umidità presente nell'atmosfera, condensandola in acqua liquida, favorendone così il passaggio nel sottosuolo mediante la porosità delle rocce.

Zucchine su Marte. Di indizi della presenza in passato di notevoli quantità di acqua, tanto da costituire un immenso oceano, ne esistono del resto già a bizzeffe. Ciò che affascina di più è la possibilità di colonizzare un giorno il pianeta. Alla Space App Challenge 2015 i ragazzi sono stati invitati ad escogitare nuove App per esplorare – seppur virtualmente – l'Universo. Una di queste prevede una serra marziana, dove tra le varie cose sarà possibile coltivare delle zucchine. Dalla scoperta di acqua su Marte ad una effettiva costituzione di colonie il passo non sarà certo breve.

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