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Vitamina D, integratori non ridurrebbero il rischio di infarto e ictus: la ricerca

Un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell’Università Statale del Michigan e del Brigham and Women’s Hospital di Boston ha determinato che gli integratori di vitamina D non riducono il rischio di eventi cardiovascolari e ictus. Gli scienziati hanno condotto una meta-analisi su 21 studi randomizzati per un totale di oltre 83mila partecipanti.
A cura di Andrea Centini
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Credit: PubblicDomainPictures
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L'integrazione della vitamina D potrebbe non ridurre il rischio di ictus, infarto del miocardio e altre malattie malattie cardiovascolari, come invece emerso da diversi studi di osservazione. Lo ha determinato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'Hurley Medical Center presso l'Università Statale del Michigan e del Brigham and Women's Hospital dell'autorevole Scuola di Medicina dell'Università di Harvard, che hanno collaborato con i colleghi dell'Università di Mutah (Giordania).

La ricerca. Gli scienziati, coordinati dal professor Mahmoud Barbarawi, docente presso il Dipartimento di Medicina Interna dell'ateneo di Flint, sono giunti alla loro conclusione dopo aver condotto una meta-analisi su 21 studi clinici randomizzati, che avevano valutato l'associazione tra assunzione di vitamina D, rischio di eventi cardiovascolari e mortalità per tutte le cause. Sono stati coinvolti in totale oltre 83mila pazienti; fra essi in 41.669 hanno ricevuto integratori di vitamina D, un gruppo di cinque pro-ormoni liposolubili (vitamina D1, D2, D3, D4, e D5), mentre altri 41.622 sono stati trattati con un placebo. L'età media dei partecipanti era di 65,8 anni e si trattava principalmente di donne (74,4 percento del totale, oltre 61mila).

I risultati. Dall'analisi statistica dei dati è emerso che l'integrazione di vitamina D non era associata a una riduzione del rischio di eventi cardiovascolari maggiori (come l'infarto del miocardio), mortalità per eventi cardiovascolari o per tutte le altre cause. I risultati sono risultati coerenti sia per il genere che per il dosaggio di vitamina D; ciò suggerisce che l'integrazione di vitamina D non fornirebbe alcuna protezione dagli eventi cardiovascolari, e che dunque potrebbe non essere indicata per questo scopo. La carenza di vitamina D, del resto, per alcuni scienziati è considerata una sorta di pseudo-malattia, come per il professor Tim Spector, docente di Epidemiologia genetica al King’s College di Londra, secondo il quale sarebbe stata “inventata” proprio per favorire la vendita degli integratori. I dettagli della nuova ricerca, che andranno approfonditi con ulteriori indagini, sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata JAMA Cardiology.

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