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Vegani, vegetariani e pescetariani potrebbero avere un rischio maggiore di fratture

Un nuovo studio prospettico condotto sui dati di 55mila persone ha fatto emergere che le persone che non consumano carne potrebbero avere un rischio maggiore di fratture. La ricerca presenta tuttavia alcuni limiti, e la differenza rilevata tra consumatori di carne, vegani, vegetariani e pescetariani si riduce in modo significativo quando si tengono presenti fattori come BMI, integrazione di calcio e altri nutrienti.
A cura di Andrea Centini
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Seguire modelli dietetici che non includono carne come il veganismo (che non prevede alcun alimento di origine animale), il vegetarianismo (che include derivati animali come latticini e uova) e il pescetarianismo o pescatarianismo (una dieta vegetariana che permette il pescato), potrebbe aumentare il rischio di sviluppare fratture. Ciò sarebbe vero soprattutto per i vegani, che secondo uno studio – con diversi limiti – presenterebbero un rischio superiore del 40 percento, quando non si tiene conto di BMI (Body Mass Index, indice di massa corporeo), integrazione di calcio e altri nutrienti.

A determinare questa associazione tra diete senza carne e potenziale rischio di fratture è stato un team di ricerca britannico guidato da scienziati del Nuffield Department of Population Health dell'Università di Oxford, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Centre for Exercise, Nutrition and Health Sciences dell'Università di Bristol. I ricercatori, coordinati dalla dottoressa Tammy Y. N. Tong, epidemiologa nutrizionale presso il Cancer Epidemiology Unit dell'ateneo di Oxford, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato statisticamente i dati di oltre 55mila persone, incluse nell'indagine tra il 1993 e il 2001 e seguite per un periodo di follow-up medio di 17,6 anni. Hanno deciso di condurre questa indagine alla luce dei risultati di precedenti ricerche che avevano fatto emergere una peggiore salute delle ossa e bassi BMI  in chi tendenzialmente consumava meno proteine e calcio. Poiché questo rischio può sussistere in chi segue un qualunque modello dietetico sbilanciato, gli scienziati hanno deciso di condurre uno studio prospettico ad hoc.

Come indicato, sono state coinvolte oltre 55mila persone, delle quali 29.380 consumatrici di carne, 8.037 pescetariane, 15.499 vegetariane e 1.982 vegane. Durante il periodo di follow-up sono state rilevate poco meno di 4mila fratture, delle quali 566 al braccio; 889 al polso; 945 all'anca; 366 alla gamba; 520 alla caviglia e in altri siti come clavicola, costola e vertebre (467). Incrociando tutti i dati è emerso che, rispetto a chi mangiava carne, i rischi di fratture all'anca erano superiori di 1,26 volte per i pescetariani, di 1,25 volte per i vegetariani e di 2,31 volte per i vegani, che avevano anche un rischio 2,05 volte superiore di frattura alla gamba. I vegani presentavano un rischio generale di fratture maggiore di 1,43 volte. “Questo è il primo studio completo sui rischi di fratture sia totali che sito-specifiche in persone di diversi gruppi dietetici. Abbiamo scoperto che i vegani avevano un rischio più elevato di fratture totali che si traducevano in quasi 20 casi in più su 1000 persone in un periodo di 10 anni, rispetto alle persone che mangiavano carne. Le differenze maggiori riguardavano le fratture dell'anca, dove il rischio nei vegani era 2,3 volte superiore a quello delle persone che consumavano carne, pari a 15 casi in più ogni 1000 persone in 10 anni”, ha dichiarato la dottoressa Tong in un comunicato stampa.

Ma quando i ricercatori sono andati a controllare fattori determinanti come l'indice di massa corporeo e l'integrazione di calcio, proteine e altri nutrienti, tuttavia, è emerso che la differenza tra i consumatori di carne e gli altri gruppi è stata praticamente abbattuta. Tenendo presenti questi parametri, infatti, il rischio di fratture per i non mangiatori di carne è risultato superiore soltanto di 1,3 volte. Va inoltre tenuto presente che i vegani erano meno di 2mila contro circa 30mila consumatori di carne, un disequilibrio del campione notevole, che ha sicuramente influenzato l'analisi statistica. Infine si è trattato di un semplice studio di correlazione, senza evidenziare alcun rapporto di causa-effetto. Pertanto al momento sarebbe sbagliato giungere a conclusioni affrettate, come sottolineano gli stessi autori dello studio, e dovranno essere condotte indagini molto più approfondite per avere eventuali conferme dell'associazione.

Un'alimentazione disequilibrata, senza controlli medici ed esami del sangue regolari, pone rischi per la salute qualunque modello dietetico si segua, e non va dimenticato che l'eccessivo consumo di carne (in particolar modo quella lavorata e quella rossa) è stato associato a cancro e patologie cardiovascolari da diverse ricerche. I dettagli dello studio “Vegetarian and vegan diets and risks of total and site-specific fractures: results from the prospective EPIC-Oxford study” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica BMC Medicine.

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