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Urina trasformata in nutrienti e plastica: il fai-da-te degli astronauti nello spazio

Sfruttando un lievito geneticamente modificato i ricercatori sono riusciti a produrre sostanze nutrienti e un composto plastico. Gli astronauti potrebbero ottenerli nello spazio attraverso l’urina e il respiro.
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A cura di Andrea Centini
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Un team di ricerca dell'Università Clemson (Carolina del Sud) ha presentato un affascinante progetto di riciclo spaziale basato sul lievito, grazie al quale gli astronauti possono ottenere materiali e nutrienti direttamente dai propri rifiuti organici. Uno dei problemi principali nell'organizzazione di un viaggio spaziale di lunga durata, come quello atteso verso Marte entro un paio di decenni, risiede nella massa di equipaggiamento trasportabile sull'astronave. Al suo aumentare, infatti, cresce anche il quantitativo di propellente necessario per superare la forza d'attrazione gravitazionale della Terra, con problemi logistici e di costi che non possono essere sottovalutati.

Alla luce di questi limiti, l'approccio più efficace è indubbiamente quello di ottenere alimenti ed equipaggiamento direttamente nello spazio, o magari una volta raggiunta la meta prefissata. Gli studiosi, coordinati dal professor Mark A. Blenner, ingegnere biomolecolare presso l'ateneo americano, hanno trovato una possibile soluzione nel lievito Yarrowia lipolytica, che si accresce sfruttando azoto e anidride carbonica. Il primo può essere ottenuto dall'urea presente nell'urina, mentre la seconda direttamente dal respiro degli astronauti o dall'atmosfera del pianeta visitato. Per completare il sistema biologico è necessario aggiungere alghe o cianobatteri al fine di rendere il carbonio digeribile dallo Yarrowia lipolytica.

Dopo essere stato geneticamente modificato, negli esperimenti il lievito è stato indotto dai ricercatori a produrre nutrienti fondamentali per la salute umana – come gli omega-3 – e catene molecolari di poliestere, un materiale plastico. Nel caso specifico degli omega-3, acidi grassi essenziali per il nostro organismo, essi hanno il limite di conservazione di un paio di anni, dunque poterli elaborare a bordo dell'astronave eliminerebbe un ostacolo al limite di durata delle missioni spaziali. Per quanto concerne il poliestere, una volta prodotto potrebbe essere introdotto in apposite stampanti 3D, al fine di ottenere equipaggiamento o magari pezzi di ricambio. Questi ultimi, del resto, per quanto fondamentali sono tra i primi ad essere sacrificati per limitare la massa trasportabile. Al momento Blenner e colleghi, che hanno presentato il proprio progetto in seno al l 245° meeting dell'American chemical society (Acs), attualmente in corso di svolgimento a Washington, sono riusciti a ottenere quantitativi limitati di nutrienti e poliestere, ma sono al lavoro per migliorare velocità e quantità del processo produttivo.

[Credit: American chemical society]

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