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Umani come delfini: così possiamo allenarci a trovare gli oggeti con l’eco

Attraverso l’allenamento è possibile sviluppare un efficiente sistema di ecolocalizzazione, lo stesso che usano balene, delfini e pipistrelli per catturare le prede e orientarsi.
A cura di Andrea Centini
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delfino

Un team di ricercatori dell'Università Ludwig Maximilian di Monaco (Germania) ha scoperto che anche le persone vedenti possono sviluppare un efficace sistema di ecolocalizzazione, ovvero la capacità di rilevare oggetti ed elementi dell'ambiente circostanze sfruttando l'eco, in maniera non dissimile da balene, delfini e pipistrelli, che sfruttano un sonar biologico. L'ecolocalizzazione umana non è esattamente una capacità straordinaria, dato che da moltissimi anni viene adottata con successo da persone affette da cecità. Tra le tecniche più raffinate vi è quella attraverso la quale si producono schiocchi con la lingua contro denti e palato, per poi ascoltarne ed elaborarne l'eco. Alcune persone come Daniel Kish l'hanno trasformata in una vera e propria arte; è talmente abile a comprendere l'ambiente che lo circonda che riesce persino a determinare la differenza tra una recinzione di ferro e una di legno.

Gli studiosi tedeschi, coordinati dalla professoressa Virginia Flanagin, erano convinti che nelle persone vedenti l'ecolocalizzazione non avrebbe prodotto i medesimi risultati, non essendo condizionate dall'invalidità, tuttavia gli esperimenti hanno dato un esito differente. Il team della Flanagin ha coinvolto nei test dodici persone, una non vedente e undici vedenti, al termine dei quali è stato misurato un vantaggio di circa il 4 percento per il volontario affetto da cecità. I partecipanti sono stati prima condotti in una camera anecoica (dove non viene prodotta eco) per essere ‘addestrati' al riconoscimento degli schiocchi attraverso apposite registrazioni, e successivamente hanno effettuato alcuni esperimenti in ambiente virtuale, dove dovevano comprendere le dimensioni di alcune stanze in base all'eco dei suoni emessi, sia da loro stessi che da un macchinario apposito.

Dai test è emerso che quando l'ecolocalizzazione era attiva, ovvero il suono veniva emesso dalla bocca e non dal macchinario, i partecipanti avevano una capacità molto superiore nel comprendere le dimensioni spaziali delle stanze virtuali. Analizzando le risonanze magnetiche, gli studiosi hanno scoperto che la corteccia motoria era in qualche modo coinvolta nell'elaborazione sensoriale, sottolineando l'efficacia dell'ecolocalizzazione anche per le persone vedenti, in seguito a un buon addestramento. A causa del basso numero di partecipanti, saranno comunque necessari ulteriori test per studiare a fondo l'attività cerebrale coinvolta. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sul Journal of the Neuroscience.

[Foto PublicDomainImages]

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