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Sei nuovi coronavirus scoperti nei pipistrelli

Un team di ricerca internazionale guidato da scienziati americani dello Smithsonian’s Global Health Program ha scoperto sei nuovi coronavirus in pipistrelli della Birmania. Tutti i chirotteri vivono in una grotta chiamata Linno Cave. Non è noto se i virus possano compiere il salto di specie e infettare anche l’uomo, ma non sono strettamente associati al SARS-CoV-2, al MERS-CoV e al SARS-CoV.
A cura di Andrea Centini
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In diverse specie di pipistrelli della Birmania (o Myanmar) sono stati scoperti sei nuovi coronavirus. Al momento non è ancora noto se questi patogeni siano in grado di compiere il salto di specie (spillover), infettare anche l'uomo e scatenare una pandemia, come avvenuto con il coronavirus SARS-CoV-2, che nel momento in cui stiamo scrivendo, sulla base della mappa interattiva messa a punto dall'università americana Johns Hopkins, ha contagiato più di un milione e settecentomila persone e ne ha uccise oltre 103mila, 19mila delle quali nel nostro Paese.

I sei coronavirus sono stati identificati da un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dello Smithsonian’s Global Health Program, che hanno collaborato con i colleghi della Scuola di Medicina Veterinaria dell'Università della California di Davis, del Vanderbilt Vaccine Center presso il Centro Medico dell'Università Vanderbilt e del Ministero dell'Agricoltura, dell'Allevamento e dell'Irrigazione del Myanmar. Gli scienziati, coordinati dal dottor Marc T. Valitutto, ricercatore presso lo Smithsonian's National Zoological Park e Conservation Biology Institute, hanno scoperto i nuovi coronavirus dopo aver analizzato 750 campioni fecali e salivari prelevati da diversi pipistrelli del Paese asiatico, visitato in varie spedizioni tra maggio 2016 e agosto 2018. Tutti i virus sono stati trovati nei chirotteri che vivono in una grotta chiamata “Linno Cave”.

I sei coronavirus sono divisi in due gruppi: tre sono alphacoronavirus e tre betacoronanivurs. Anche i virus responsabili della SARS (Severe acute respiratory syndrome, sindrome respiratoria acuta grave), della MERS (Middle East Respiratory Syndrome, sindrome respiratoria mediorientale) e della COVID-19 sono betacoronavirus, tuttavia le analisi genetiche hanno dimostrato che i nuovi patogeni non sono correlati a quelli responsabili delle patologie. Valitutto e colleghi, che hanno identificato anche un betacoronavirus mai visto prima in Myanmar, ritengono che nei pipistrelli siano presenti migliaia di coronavirus non ancora noti agli scienziati, e parte di essi potrebbe scatenare in futuro nuove catastrofiche pandemie.

La colpa non è ovviamente dei pipistrelli, dove i virus circolano naturalmente, ma dell'uomo, che distruggendo gli habitat naturali e catturando la fauna selvatica favorisce il salto di specie, catalizzando il rischio di pandemia. Non è un caso che il principale indiziato per lo spillover del SARS-CoV-2 sia un mercato di animali vivi di Wuhan. In luoghi come questi gli animali selvatici vengono tenuti in gabbie fatiscenti e macellati, e il mescolamento continuo di fluidi corporei come pus, sangue e feci permette ai virus di compiere agevolmente i passaggi da un animale all'altro, fino al salto nell'uomo. Si ritiene che il serbatoio intermedio per il coronavirus SARS-CoV-2 possa essere il pangolino, un mammifero portato sull'orlo dell'estinzione per le sue squame (ne è stato appena sequestrato un carico da 6 tonnellate), mentre per la SARS fu lo zibetto e per la MERS il dromedario.

“Le pandemie virali ci ricordano quanto la salute umana sia strettamente connessa alla salute della fauna selvatica e dell'ambiente”, ha dichiarato il dottor Valitutto, un ex veterinario specializzato in fauna selvatica dello Smithsonian. “In tutto il mondo, gli uomini interagiscono con la fauna selvatica con frequenza crescente, quindi più comprendiamo questi virus negli animali – cosa consente loro di mutare e come si diffondono in altre specie – meglio possiamo ridurre il loro potenziale pandemico”, ha aggiunto lo specialista, sottolineando l'importanza di studi come quello appena condotto. “Molti coronavirus potrebbero non rappresentare un rischio per le persone, ma quando identifichiamo queste malattie nelle prime fasi negli animali, alla fonte, abbiamo una preziosa opportunità per indagare sulla potenziale minaccia”, le ha fatto eco la dottoressa Suzan Murray, direttrice dello Smithsonian’s Global Health Program. “Attenta sorveglianza, ricerca e istruzione sono gli strumenti migliori che abbiamo per prevenire le pandemie prima che si verifichino”, ha concluso la specialista. Nei prossimi mesi saranno condotti studi specifici sui nuovi coronavirus per comprendere quali rischi possano comportare. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica specializzata PloS ONE.

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