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Scoperti due mostruosi buchi neri in rotta di collisione, ma si schianteranno davvero?

Grazie al Telescopio Spaziale Hubble astrofisici americani hanno scoperto due buchi neri supermassicci in rotta di collisione. I due colossali cuori di tenebra, che si trovano a 2,5 miliardi di anni luce dalla Terra e hanno una massa pari a 800 milioni di volte quella del Sole, potrebbero tuttavia non schiantarsi mai a causa del “problema del parsec finale”. Ecco di cosa si tratta.
A cura di Andrea Centini
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Credit: AD Goulding et al./Astrophysical Journal Letters 2019
Credit: AD Goulding et al./Astrophysical Journal Letters 2019

A 2,5 miliardi di anni luce dal nostro pianeta sono stati scoperti due mostruosi buchi neri supermassicci in rotta di collisione. Gli scienziati, tuttavia, non sanno ancora se questi colossi siano destinati a schiantarsi l'uno contro l'altro – tra 2,5 miliardi di anni – oppure ad avviare un valzer ravvicinato praticamente eterno. Si tratta del cosiddetto “problema del parsec finale”, in base al quale due buchi neri supermassicci non potrebbero avvicinarsi a più di un parsec di distanza (3,2 anni luce), a causa del fatto che una porzione di spazio così “limitata” non permetterebbe ai colossi un ulteriore decadimento orbitale. In parole semplici, i due cuori di tenebra entrerebbero in un'orbita binaria stabile per miliardi e miliardi di anni, senza potersi incontrare.

Onde gravitazionali. Nel caso in cui il problema del parsec finale non dovesse esistere, e i buchi neri supermassicci siano destinati a “schiantarsi” e fondersi come i buchi neri più piccoli, allora dovrebbero dar vita al cosiddetto sfondo dell'onda gravitazionale, un ipotetico ronzio di sottofondo prodotto dai buchi neri supermassici sulla via della fusione. Ancora non abbiamo strumenti in grado di rilevarlo efficacemente – il Ligo e il Virgo che catturano le onde gravitazionali lavorano a frequenze diverse – ma potremmo intercettare le collisioni da una laboriosa analisi delle pulsar. I due buchi neri supermassicci recentemente scoperti grazie ad Hubble, che hanno una massa di circa 800 milioni di soli ciascuno, non potremmo comunque “udirli” perché si trovano a 2,5 miliardi di anni luce di distanza; ciò che noi vediamo oggi stava infatti avvenendo 2,5 miliardi di anni fa. Tuttavia possono fornirci indicazioni preziose su altri buchi neri supermassicci destinati a collidere e in grado di produrre onde gravitazionali. “È un po' come un caotico coro di grilli che friniscono nella notte”, ha dichiarato uno degli autori dello studio, l'astrofisico Andy Goulding dell'Università Princeton. “Non puoi distinguere un grillo da un altro, ma il volume del rumore ti aiuta a stimare quanti grilli ci sono”, ha aggiunto lo studioso.

Speranze. Dalle simulazioni condotte dagli scienziati, un team composto da ricercatori del Dipartimento di Astrofisica dell'ateneo americano, del Faltiron Institute e dello U.S. Naval Research Laboratory, è emerso che potrebbero esserci circa 112 buchi neri supermassicci in rotta di collisione con ipotetiche onde gravitazionali rilevabili dalla Terra, alcune delle quali potrebbero essere intercettate già nei prossimi anni. Si tratta di un campo dell'astrofisica con ancora moltissime domande cui dare una risposta, ma dopo il rilievo delle prime onde gravitazionali – increspature dello spazio-tempo – la conoscenza di questi affascinanti fenomeni astronomici continua a migliorare. I dettagli sui buchi neri supermassicci in rotta di collisione sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata The Astrophysical Journal Letters.

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