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Ritardare la seconda dose del vaccino Covid di Astrazeneca può aumentare l’efficacia

Lo indicano i dati di un nuovo studio condotto dai ricercatori dell’Università di Oxford che hanno misurato la protezione conferita da un diverso programma di somministrazione di due dosi standard. Gli esperti richiamano però alla cautela nell’interpretazione dei risultati.
A cura di Valeria Aiello
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Ritardare la somministrazione del richiamo del vaccino anti-Covid di Astrazeneca, estendendo da 4 a 12 settimane l’intervallo di tempo tra la prima e la seconda dose, può essere una strategia efficace nel ridurre le infezioni sintomatiche da coronavirus Sars-Cov-2. Lo indicano i dati di un nuovo studio condotto dai ricercatori dell’Università di Oxford che, nel mezzo del dibattito sulla scelta del Regno Unito di allungare i tempi del programma di vaccinazione con l’obiettivo di offrire al maggior numero possibile di persone la protezione conferita da una singola dose, suggerisce che “la somministrazione della seconda iniezione dopo un periodo di 3 mesi può rivelarsi la soluzione ottimale” in considerazione della limitata disponibilità di vaccini.

Il vaccino di Astrazeneca efficace al 76% dopo una dose

Il nuovo studio, condotto su oltre 17mila volontari nel Regno Unito, Sudafrica e Brasile, afferma una singola dose standard di vaccino è efficace al 76% nel proteggere dalla malattia quando misurata dal 22° al 90° dopo la vaccinazione, osservando che la protezione non è diminuita durante questo periodo. Il dato di efficacia è salito all’82% dopo la somministrazione della seconda dose, indicando che l’intervallo di dosaggio a 12 settimane ha un grande impatto non solo sulla protezione ma anche sulla risposta anticorpale, risultata “più di due volte maggiore dopo un intervallo di 12 o più settimane rispetto a un intervallo inferiore alle sei settimane” nella fascia di età compresa tra i 18 e i 55 anni.

L’analisi, pubblicata su Preprint with The Lancet e dunque non ancora sottoposta a revisione paritaria, aggiorna i dati degli studi clinici pubblicati lo scorso dicembre che hanno fornito una stima generale dell’efficacia, risultata pari al 62% tra coloro che avevano ricevuto due dosi standard di vaccino. Un dato riferito naturalmente solo al vaccino di Astrazeneca e non attribuibile ai sieri sviluppati da Pfizer/BioNTech o Moderna, le cui dosi vengono comunque somministrate a distanza di 12 settimane nel Regno Unito e per cui non è ancora stato chiarito quale sia l’effetto del loro distanziamento sull’efficacia di entrambi. In Italia, d’altra parte, la somministrazione dei tre vaccini avviene secondo i regimi di dosaggio approvati dall’EMA (21 giorni tra le due dosi del vaccino di Pfizer/BionTech e 28 giorni tra le due dosi dei vaccini di Moderna e Astrazeneca, con quest’ultimo raccomandato in Italia per la fascia di età dai 18 ai 55 anni e over 55 senza fattori di rischio)

Cautela nell'interpretazione dei risultati

Ad ogni modo, gli esperti richiamano alla cautela nell’interpretazione dei nuovi dati sul vaccino di Astrazeneca. Anche se a prima vista sembra che un regime monodose possa persino fornire una protezione migliore rispetto a due dosi (76% contro 62%), secondo il professor Paul Hunter, docente di Medicina presso l’Università dell'East Anglia di Norwich, in Inghilterra, gli intervalli di confidenza di queste cifre, ovvero gli intervalli di valori plausibili per il dato di efficacia, si sovrappongono, indicando che in realtà i risultati dei due regimi di somministrazione potrebbero non essere così diversi.

Nel complesso, dobbiamo essere un po’ cauti – dice Hunter in un lungo articolo su The Conversation – . Testare l’efficacia del vaccino dopo aver ritardato la seconda dose non era uno degli obiettivi originali dello studio. Ciò significa che alle persone non è stato assegnato in modo causale l’intervallo di tempo che avrebbero dovuto attendere per la seconda dose per eliminare potenziali bias (scostamenti nei dati, ndr). Per questo motivo è possibile che questi risultati siano stati influenzati da altri fattori”.

Quanto invece al problema di dosaggio inizialmente emerso nel corso dei test clinici (alcuni volontari avevano ricevuto una mezza dose anziché una dose standard alla prima somministrazione), nel nuovo studio “è molto chiaro che l’errore di dosaggio non è stato affatto fortuitoha aggiunto Hunter. Piuttosto, la maggiore efficacia per coloro che ricevono una mezza dose iniziale sembra essere dovuta a molti di loro che ricevono la seconda iniezione molto più tardi”.

“Questa nuova analisi mostra che l’efficacia del vaccino dopo la seconda dose era solo del 55% se il divario tra le dosi era inferiore a sei settimane, ma era dell’81% se il divario era di 12 settimane o più puntualizza Hunter –  Sebbene non sia presentato direttamente nel documento, sembra che con un intervallo di 12 settimane tra le dosi ci fosse una differenza molto piccola in termini di efficacia per coloro che ricevevano una dose iniziale metà o piena”.

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