Il 2019 è stato l’anno in cui a livello globale abbiamo iniziato ad accettare che, forse forse, i cambiamenti climatici sono realtà, che Trump ha qualche lacuna scientifica e che è giunto il momento di intervenire perché, per quanto continui a non interessarci nulla (o quasi) del destino degli orsi polari, il riscaldamento globale colpirà anche, e soprattutto, noi. Noi oggi, non in un futuro lontano e difficile da immaginare. L’egoismo dell’essere umano, quel tratto distintivo che ci sta portando all’autodistruzione, per una volta torna utile e adesso: in questo 2019 ci stiamo sentendo più o meno tutti più ‘green’. Peccato però che potrebbe essere troppo tardi.
L’anno che stiamo vivendo è stato piuttosto impegnativo e illuminante.
Abbiamo iniziato il 2019 con la conferma che il 2018 è stato l’anno più caldo di sempre per l’Italia, o comunque dal 1800 quando si è iniziato a raccogliere i dati, gli scienziati ci hanno confermato ancora una volta che il consumo di carne è uno dei principali responsabili delle emissioni di CO2, quelle cioè che portano all’aumento delle temperature, quindi al riscaldamento globale, quindi ai cambiamenti climatici, quindi … va beh… alla distruzione della Terra.
E le notizie allarmanti da parte degli scienziati hanno iniziato ad accumularsi:
- l’Antartide perde 252 miliardi di tonnellate all’anno, 6 volte di più rispetto a 40 anni fa,
- l’orologio dell’Apocalisse segna meno 2 minuti alla fine del mondo,
- stragi di animali (cavalli, pesci, delfini, orsi affamati che invadono le città e in generale tutti i vertebrati),
- i bambini si ammalano per colpa dell’inquinamento che provoca malformazioni, asma e depressione,
- i ghiacciai dell’Himalaya scompaiono,
- l’estinzione del 40% degli insetti nei prossimi 10 anni,
- la prima estinzione di un mammifero per colpa dei cambiamenti climatici,
- l’Australia non avrà più l’inverno tra 30 anni,
- l’Alaska con temperature di 20 gradi sopra la media,
- la conferma che entro il 2100 la maggior parte dei ghiacciai delle Alpi sarà sciolto,
- la resistenza agli antibiotici visti i batteri più forti
- i venti estremi e le onde sempre più alte.
È poi arrivata l’estate, con temperature record a giugno, luglio e agosto, con ondate di calore che hanno portato ad un incremento del numero degli incendi.
Ricordiamo gli oltre 100 incendi che hanno colpito l’Artico, dalla Groenlandia, alla Siberia fino all’Alaska, portando via intere foreste e emettendo nell’aria 50 megatonnellate di anidride carbonica di cui certo non avevamo bisogno.
E poi ancora l’Amazzonia, distrutta anch’essa da incendi che hanno provocato a loro volta nuove emissioni di CO2 visibili anche dallo spazio e che sicuramente andranno ad incrementare ulteriormente le temperature a livello globale.
In questo 2019 abbiamo preso coscienza che sì, la plastica è utile, ma è anche inquinante, e per questo dobbiamo imparare a riciclarla e a ridurne il consumo optando per altri materiali, abbiamo imparato che le cicche delle sigarette non vanno abbandonate in spiaggia e che l’olio non va buttato nel lavandino.
Forse a farci aprire gli occhi sono stati gli scienziati che ci hanno detto che se continuiamo così l’umanità scomparirà entro il 2050.
Chissà. Però l’impressione è che oggi siamo tutti un po’ più consapevoli che il futuro di cui parlavano gli scienziati qualche decennio fa, alla fine è arrivato e un po’ come la cicala adesso ci ritroviamo in una condizione di grande rischio. L’89% degli italiani, ad esempio, crede che il riscaldamento globale sia un’emergenza e che possa diventare davvero pericoloso. Il 64% di noi vorrebbe un partito politico impegnato contro le emissioni, il 67% pensa che il governo stia facendo troppo poco per cambiare le cose e l’85% concorda che stiamo vivendo condizioni atmosferiche estreme.
Abbiamo aspettato per troppo tempo che gli altri sistemassero una situazione che oggi dobbiamo pretendere che venga recuperata. Siamo infatti molto vicini al tipping point, cioè al punto di non ritorno oltre il quale, aumentate le temperature di più di 2 gradi, non potremmo fare nulla per impedire il (neanche troppo) lento percorso verso la fine del nostro Pianeta, per come lo conosciamo.
Dal canto nostro però possiamo comunque fare qualcosa.
Possiamo ridurre il consumo della carne, limitare l’utilizzo dei condizionatori e delle auto, riciclare correttamente tutta la nostra spazzatura e abbandonare piano piano la plastica.
Oppure possiamo preoccuparci, lamentarci, ma non fare assolutamente nulla. Tanto di qualcosa bisogna pur morire, no?