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Covid 19

Queste 5 varianti genetiche aumentano il rischio di COVID-19 grave: scoperta italiana

Analizzando i profili genetici di un milione di persone, fra le quali 6.500 pazienti Covid ospedalizzati, un team di ricerca italiano guidato da scienziati dell’Università Federico II e del CEINGE – Biotecnologie Avanzate di Napoli ha identificato cinque fattori genetici associati alla forma grave dell’infezione da coronavirus SARS-CoV-2. La scoperta apre le porte potenziali nuove terapie e test in grado di identificare le persone più a rischio.
A cura di Andrea Centini
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Alla data odierna, venerdì 26 marzo, sulla base della mappa interattiva dell'Università Johns Hopkins il coronavirus SARS-CoV-2 ha contagiato 125,6 milioni di persone e ne ha uccise 2,7 milioni in tutto il mondo (in Italia le infezioni complessive sono 3,4 milioni e i decessi poco meno di 107mila). Da quando è scoppiata la pandemia di COVID-19 è apparso evidente che i soggetti più a rischio di sviluppare le complicazioni potenzialmente fatali sono gli uomini in età avanzata e con patologie pregresse (comorbidità); tuttavia in alcuni casi la malattia può essere fatale anche in soggetti giovani e sani, pertanto gli scienziati hanno sospettato sin dapprincipio che potesse giocare un ruolo anche la genetica. Grazie a un nuovo studio tutto italiano sono state ora identificate cinque varianti genetiche associate alla COVID-19 grave, una scoperta che apre le porte a possibili nuove terapie, oltre che a screening in grado di individuare precocemente i soggetti esposti ai rischi maggiori in caso di infezione.

A scoprire i cinque fattori genetici coinvolti nello sviluppo della forma grave dell'infezione è stato un team di ricerca guidato da scienziati dell'Università degli Studi di Napoli Federico II e del centro CEINGE – Biotecnologie Avanzate, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dell'Ospedale COVID, POS Anna e SS. Madonna della Neve di Boscotrecase – Ospedali Riuniti Area Vesuviana, dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, dell'Unità di Genetica Medica e di Laboratorio – AORN “Antonio Cardarelli” e di altri centri partenopei. Gli scienziati coordinati dai professori Mario Capasso e Achille Iolascon, docenti presso il Dipartimento di Medicina Molecolare e Biotecnologie Mediche dell'ateneo di Napoli, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto un'approfondita indagine su circa un milione di profili genetici, legati al progetto di studio genome-wide e resi disponibili dalla “COVID-19 Host Genetics Initiative”, un consorzio che abbraccia circa 150 centri di ricerca nel mondo.

Nello specifico, gli scienziati italiani sono andati “a caccia” di varianti genetiche presenti sul cromosoma 21 dei profili genetici esaminati. Fra essi, circa 6.500 erano di pazienti COVID con la forma grave dell'infezione, a causa della quale hanno necessitato del ricovero in ospedale; gli altri 900mila facevano invece parte del gruppo di controllo. Grazie all'analisi genetica, condotta con tecnologie innovative vista l'enorme mole di dati, come indicato hanno intercettato cinque fattori genetici associati alla COVID-19 grave, che influenzano il funzionamento di due geni chiamati TMPRSS2 e MX1. “Abbiamo scoperto che cinque polimorfismi a singolo nucleotide all'interno del gene TMPRSS2 e vicino al gene MX1 mostrano associazioni con COVID-19 grave. Gli alleli minori dei cinque SNP erano correlati con un rischio ridotto di sviluppare COVID-19 grave e un alto livello di espressione di MX1 nel sangue”, si legge nell'abstract dello studio. In parole semplici, chi presenta le varianti genetiche identificate può essere più esposto al rischio di sviluppare la forma grave dell'infezione in caso di contagio.

La scoperta italiana apre le porte a nuove strategie per combattere la pandemia di COVID-19, come sottolineato dagli autori dello studio. “Questo studio getta le basi per mettere a punto nuovi test genetici che permettono di predire quali sono i soggetti ad alto rischio di sviluppare manifestazioni cliniche gravi del Covid-19”, ha dichiarato all'ANSA il professor Capasso. “Inoltre – gli ha fatto eco il professor Iolascon – i due geni (Tmprss2 e Mx1) trovati più frequentemente mutati nel gruppo dei pazienti gravi, potrebbero essere potenziali bersagli terapeutici”. In precedenza altri studi avevano trovato correlazioni genetiche con la forma severa dell'infezione. La recente ricerca “Association of Toll-like receptor 7 variants with life-threatening COVID-19 disease in males: findings from a nested case-control study” pubblicata sulla rivista scientifica eLife e guidata da scienziati dell'Università di Siena, ad esempio, ha dimostrato che rare mutazioni missenso del gene TLR7 sono associate alla forma grave della COVID-19 in pazienti maschi giovani e sani. I dettagli del nuovo studio italiano “Common variants at 21q22.3 locus influence MX1 and TMPRSS2 gene expression and susceptibility to severe COVID-19” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica iScience del circuito Cell.

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