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Quanti italiani hanno l’Alzheimer e non lo sanno

In Italia ci sono ci sono quasi un milione di italiani a rischio demenza, ma 200mila di loro sono già malati di Alzheimer senza saperlo. Cos’è il progetto “Interceptor” e come proverà ad aiutarli.
A cura di Andrea Centini
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In Italia ci sono circa 600mila persone con una diagnosi di Alzheimer, e oltre 730mila sono quelle a rischio di sviluppare una forma di demenza. Fra esse 200mila si ammaleranno proprio del morbo di Alzheimer, la demenza più diffusa in tutto il mondo. In realtà queste persone già soffrono della patologia, tuttavia i deficit cognitivi che la caratterizzano ‘esploderanno' soltanto più avanti con l'età. Si tratta dunque di una vera e propria ‘bomba a orologeria', con costi umani, sociali e sanitari elevatissimi. Riuscire a individuare la malattia prima che si sviluppino i sintomi è un traguardo fondamentale per migliorare la qualità della vita dei pazienti e abbattere tutti i costi legati all'assistenza.

In Italia è l'ambizioso obiettivo del neonato progetto “Interceptor”, messo a punto dall'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e finanziato dalla Fondazione Lilly. Il programma è stato presentato il 27 febbraio al Ministero della Salute in occasione del meeting “La Ricerca in Italia: un'Idea per il Futuro”. Il suo scopo è riuscire a intercettare proprio quei 200mila pazienti che si ammaleranno sicuramente di Alzheimer, come sottolineato dal responsabile scientifico del progetto Paolo Maria Rossini, direttore dell'Istituto di Neurologia dell'università Cattolica del Sacro Cuore. “È necessario intervenire precocemente per individuare questi 200mila che sicuramente si ammaleranno – ha sottolineato lo specialista – perché solo loro saranno i destinatari dei nuovi farmaci anti-Alzheimer, una volta disponibili. Sono infatti molecole troppo costose e con troppi effetti collaterali per poter esser date a tutti”.

Sebbene rispetto al costo umano e sociale possa apparire meno importante, i costi dell'assistenza per i pazienti in Italia ammonta a 11 miliardi di euro, una cifra enorme che cozza con gli scarsissimi progressi fatti dalla ricerca scientifica contro la malattia. Basti pensare che il tasso di insuccesso degli studi avviati tra il 2002 e il 2012 è del 99,6 percento. Fortunatamente ricerche più recenti hanno ottenuto risultati estremamente incoraggianti. Un team di ricerca composto da studiosi dell’UCLA e del Buck Institute, grazie a un programma terapeutico basato su trentasei punti, è ad esempio riuscito a invertire il declino cognitivo in dieci pazienti. Studiosi dell'Università Lancaster (Gran Bretagna) hanno invece dimostrato che un farmaco pensato per curare il diabete risulta efficace nel ripristinare la memoria in particolari topi transgenici, che esprimono i geni responsabili del morbo di Alzheimer nell'uomo.

Nonostante questi successi si stima che nel mondo, entro il 2050, ci saranno ben 115 milioni di malati di Alzheimer, dunque è atteso un vero e proprio boom. Per questo c'è molta in Italia c'è molta speranza per il progetto Interceptor, indicato come una "strategia vincente" dal dottor Mario Melazzini, direttore generale dell'Aifa. I suoi punti salienti, ha sottolineato lo specialista, sono orappresentati dalla "condivisione degli obiettivi e dei percorsi di ricerca tra tutti gli attori della filiera, dalle fasi iniziali della progettazione degli studi e mettere a fattore comune risorse, competenze, dati e strumenti operativi".

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