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Covid 19

Quando sapremo se la variante Omicron elude i vaccini e quali sono i test per dimostrarlo

Nei prossimi giorni dovremmo sapere se la variante Omicron sia in grado di sfuggire ai vaccini anti Covid grazie ai risultati di due test: ecco come funzionano.
A cura di Andrea Centini
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Nella pandemia di COVID-19 si è recentemente manifestato un nuovo ceppo del coronavirus SARS-CoV-2, la variante Omicron (B.1.1.529) emersa in Sudafrica. Caratterizzata da oltre 30 mutazioni sulla proteina S o Spike, il “gancio” sfruttato dal patogeno per legarsi alle cellule umane e avviare l'infezione, si ritiene che possa essere fino al 500 percento più contagiosa del virus originale di Wuhan, in grado di superare le difese immunitarie dei guariti (il rischio di reinfezione è 2,4 volte più elevato rispetto a quanto osservato con Beta e Delta) e probabilmente anche di eludere – almeno in parte – quelle dei vaccini. Come sottolineato dall'amministratore delegato di BioNTech Ugur Sahin, ci si aspetta che la Omicron possa in qualche modo a “bucare” la protezione dei vaccini e contagiare, tuttavia la protezione dalla malattia grave sarebbe mantenuta. Sin da quando è emersa la nuova variante, i cui sintomi potrebbero essere lievi a causa dell'acquisizione di un “pezzo” di materiale genetico di un virus del raffreddore, gli scienziati hanno sottolineato che ci sarebbero volute un paio di settimane per scoprire se sia effettivamente in grado di eludere i vaccini, grazie a specifici test di laboratorio. Ma di quali esami si tratta?

A spiegarlo all'Ansa è stato il professor Francesco Broccolo, biologo specializzato in Microbiologia e Virologia e Docente di Microbiologia Clinica presso l'Università Milano-Bicocca. Lo scienziato ha sottolineato che i test sono due tipologie: il primo, chiamato “test di sieroneutralizzazione”, verifica il comportamento degli anticorpi presenti nel sangue delle persone vaccinate (nei laboratori stanno analizzando gli effetti sia con due che con tre dosi); il secondo, un test di citofluorimetria chiamato Elispot, analizza l'efficienza della memoria dei linfociti T, ovvero l'esercito di cellule immunitarie che va a caccia delle cellule già infettate dal coronavirus SARS-CoV-2 e le distrugge. “Si tratta di due tipi di esperimenti che, in modo differente, permetteranno di capire la tenuta dei vaccini attuali”, ha spiegato il professor Broccolo.

Il test di sieroneutralizzazione è utile per verificare se gli anticorpi acquisiti dopo la vaccinazione (con 2 o 3 dosi) sono in grado di eliminare anche la variante Omicron. Poiché si tratta di una variante super mutata proprio a livello della proteina S o Spike, il bersaglio contro il quale i vaccini innescano l'immunità, non è detto che la risposta sia ancora pienamente efficace contro questo ceppo. Come spiegato dal professor Broccolo, per questo test si può utilizzare sia la vera variante del coronavirus SARS-CoV-2 – un processo rischioso “poiché richiede l'isolamento della stessa su colture cellulari con produzione di stock virali di variante Omicron” – che pseudovirus costruiti in laboratorio, ovvero “virus modificati inerti” che presentano tutte le mutazioni del nuovo lignaggio emerso in Sudafrica. In base a come e quanto gli anticorpi neutralizzanti ottenuti dal sangue dei vaccinati riescono a eliminare virus e/o pseudovirus, si determina quanto è stata influenzata l'efficacia dei vaccini.

Il secondo test, l'Elispot (acronimo di Enzyme-Linked immunoSPOT), come indicato è una citofluorimetria che verifica l'efficienza della memoria dei linfociti T. “In questo caso si va a vedere se, a contatto con l'antigene Spike della nuova variante, i linfociti T memoria sono ancora in grado di riconoscerla nonostante le diversità presenti tra la proteina Spike della Omicron e quella del vaccino, misurando la produzione specifica di interferone a seguito della stimolazione antigenica”, ha spiegato all'Ansa il professor Broccolo. L'Elispot “è un approccio molto usato per misurare la risposta della memoria cellulare”, ha aggiunto l'esperto. Come sottolineato da Broccolo, entrambi i test richiedono un paio di settimane per dare un risultato, pertanto, poiché – verosimilmente – i primi sono stati avviati una decina di giorni fa, subito dopo l'annuncio della scoperta della nuova variante in Sudafrica, la pubblicazione dei risultati dovrebbe essere prossima. Sono molto attesi dagli esperti – e dai governi – perché nel caso in cui fosse confermata la capacità della variante Omicron di eludere le difese immunitarie, è molto probabile che i vaccini attuali dovranno essere aggiornati, con la predisposizione di richiami / booster ad hoc.

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