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Quando gli elefanti si sussurrano i segreti

L’esistenza dei pachidermi è caratterizzata dall’importanza del linguaggio: un linguaggio che si esprime in forme che, talvolta, non comprendiamo ma alle quali gli scienziati lavorano da anni.
A cura di Nadia Vitali
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Movimenti e gesti, per noi incomprensibili, ma che potrebbero costituire le forme più frequenti di un linguaggio al quale gli elefanti ricorrono per comunicare tra loro: tutto quello che può andare da un lieve tocco di proboscide ad un leggero piegamento di un orecchio è parte fondamentale delle complesse modalità attraverso le quali i pachidermi si scambiano informazioni tra loro, all'interno delle comunità in cui vivono.

Da tempo è noto ai ricercatori come gli elefanti siano dei mammiferi dalle caratteristiche singolari, da mettere in relazione con tutto quello che noi umani definiremmo come “intelligenza” o “sensibilità”: lo sanno bene coloro i quali hanno assistito a quelli che appaiono come veri e proprio riti funebri (almeno ai nostri occhi), in cui i grossi pachidermi esplorano con la proboscide il cadavere, forse mettendo in pratica anche dei tentativi di rianimazione del compagno perduto sollevandone le zampe o la stessa proboscide, restando in alcuni casi anche a vegliarlo per diverse ore.

Eppure questo mondo impalpabile, fatto di intrecci di legami sociali e che sfiora anche emozioni complesse come il dolore e la sofferenza per la morte di un individuo vicino, è quasi del tutto inafferrabile per gli esseri umani che, al massimo, possono accontentarsi di attribuire significati personali a gesti e “parole” altrui: ma non mancano, e non sono mancati, tentativi più marcatamente scientifici di raccolta, catalogazione e decodificazione dei segnali ricorrenti tra questi magnifici e maestosi mammiferi, innocui e mansueti abitatori delle savane, troppo spesso vittime dell'ignoranza e della malvagità umane che ne hanno fatto semplici “riserve” di avorio, da uccidere all'occorrenza per ottenerne le zanne.

Uno di questi porta la firma della biologa Joyce Poole che, assieme al marito Petter Granli, ha dato vita oltre dieci anni fa all'organizzazione ElephantVoices: non soltanto salvaguardia e tutela di una specie minacciata, ma anche un'impresa immensa che punta a raccogliere in un archivio disponibile per chiunque tutta la varietà di movimenti e richiami vocali osservati in natura con la relativa interpretazione riferita alla situazione in cui sono stati espressi. L'obiettivo è cercare di comprendere cosa si dicono i pachidermi tra di loro quando brontolano, barriscono o compiono determinati movimenti; e cosa, eventualmente, possono voler comunicare a noi, se entrano in relazione con gli uomini. Trent'anni e più trascorsi tra i magnifici animali hanno consentito a Joyce Poole di riuscire a conoscere, e in alcuni casi prevedere, il comportamento degli elefanti, osservandone da vicino l'intensità delle emozioni e, talvolta, la drammaticità degli atti messi in campo al fine di condividere con gli altri appartenenti alla comunità.

E forse non sarà del tutto un caso se proprio un pachiderma, costretto alla cattività e alla solitudine per anni, ha imparato a pronunciare qualche parola nel linguaggio degli umani: è il celebre caso di Koshik, elefante asiatico che dall'età di tre anni ha vissuto in un giardino zoologico coreano dove ha appreso alcuni termini nel tentativo di comunicare con gli inservienti che si occupavano di lui e di instaurare con essi un legame sociale.

Nel database di ElephantVoices, finanziato e supportato anche grazie al contributo della National Geographic Society, decine di segnali corrispondenti a comportamenti che sono stati divisi in nove distinte categorie: allerta, aggressività, ambivalenza, difesa, integrazione sociale, madre-figli, sessualità gioco e morte; a conferma della complessità e della ricchezza di espressioni che un pachiderma sperimenta mediamente nel corso della propria esistenza. Una comunicazione che, oltretutto, non avviene soltanto attraverso i barriti, i brontolii, i segnali visivi o particolari movimenti: è noto ormai da tempo, infatti, come gli immensi animali sfruttino anche gli infrasuoni, non udibili dall'orecchio umano, per dialogare con i compagni a grande distanza, superando i chilometri delle savane per portare i propri messaggi il più lontano possibile. Inevitabile, dunque, che l'interesse dell'uomo sia ancora molto vivo nei confronti di questi magnifici animali, la cui maestosità è soltanto una tra le meravigliose caratteristiche che hanno ancora da rivelare a chi volesse scoprirne i segreti.

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