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Perché scegliere la carne vegana può davvero aiutarci a combattere i cambiamenti climatici

Gli allevamenti di bestiame – e in particolar modo quelli di bovini – rappresentano una delle principali fonti di gas a effetto serra del pianeta, occupando fra l’altro il 45 percento delle terre emerse e consumando un quarto dell’acqua dolce. Numeri enormi dovuti all’avidità e al consumismo sfrenato dell’uomo, che ha annichilito un’intera specie per i propri interessi. Per tutte queste ragioni – senza dimenticare la fine della sofferenza per molti animali – decidere di passare almeno parzialmente alla carne vegana può aiutarci a combattere i cambiamenti climatici e i suoi effetti.
A cura di Andrea Centini
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Negli ultimi anni sta riscuotendo sempre più successo la carne veganaalternativa, realizzata completamente con ingredienti di origine vegetale. Non tutta quella in vendita nei supermercati – o presente nei menù di ristoranti e fast food – ha un gusto apprezzabile dagli amanti della vera carne, tuttavia alcune soluzioni alla stregua dell'Impossibile Burger e del Beyond (per citare le due più famose) sono universalmente riconosciute per avere un sapore e una consistenza decisamente “competitivi”, rispetto alla controparte bovina. In molti scelgono di sostituire la carne con questi alimenti poiché non desiderano più consumare animali, magari perché spinti dalla vocazione animalista, oppure perché consci dell'impatto devastante sull'ambiente causato dagli allevamenti di bovini. Decidere di passare (parzialmente o totalmente) alla carne vegana può davvero avere un effetto significativo sui cambiamenti climatici? La risposta è assolutamente sì. Ecco perché.

L'impatto catastrofico degli allevamenti di bovini

Il riscaldamento globale è considerato una vera e propria emergenza dagli scienziati, che ipotizzano scenari apocalittici già a partire dai prossimi decenni, qualora non riuscissimo a ridurre l'aumento delle temperature medie rispetto all'epoca preindustriale. Il motore del clima “impazzito” – che attualmente sta scatenando incendi senza precedenti in Siberia – risiede nelle emissioni di gas a effetto serra derivate dalle attività antropiche, e gli allevamenti di bovini ne rappresentano una delle fonti più impattanti: ben il 14,5 percento del totale, come riporta la FAO. Una mucca, del resto, produce emissioni oltre 5 volte superiori in confronto all'animale "medio" utilizzato nel settore agroalimentare, come indicato nell'approfondito rapporto "Global Livestock Environmental Assessment Model (GLEAM)" dell'Istituto dell'ONU; necessita inoltre di un terreno di circa 30 volte più grande e di una quantità di acqua fino a 10 volte maggiore. Se consideriamo che nel mondo vivono 1,5 miliardi di bovini da allevamento, e che ciascuno di essi rilascia fino a 100 chilogrammi di metano all'anno, come indicato dal Governo dell'Australia Occidentale, si arriva a enormi quantità immesse in atmosfera. E in questo conteggio non sono inclusi i  gas legati agli escrementi, utilizzati come fertilizzanti, a loro volta grande fonte di gas a effetto serra. Il letame del bestiame ha un impatto del 6 percento sul totale, mentre la maggior parte del metano emesso dai bovini proviene dalla bocca, durante il processo della ruminazione/digestione. Ricordiamo che il metano è un gas a effetto serra molto più potente (fino a 28 volte) dell'anidride carbonica, come sottolineato nell'articolo "Livestock and climate change: impact of livestock on climate and mitigation strategies" pubblicato su Animal Frontiers.

Se tutto ciò non bastasse a sottolineare l'impatto degli allevamenti di bestiame, possiamo aggiungere che essi occupano oltre l'80 percento di tutte le terre coltivabili presenti sul pianeta, che equivale al 45 percento della superficie terrestre emersa. Lo indicano i dati dello studio "Livestock and climate change" condotto dagli scienziati Philip Thornton, Mario Herrero e Polly Ericksen. Sono statistiche sconvolgenti, eppure questi numeri non sembrano nemmeno sufficienti per far arrivare hamburger e bistecche nei piatti di tutti al prezzo più vantaggioso. I devastanti incendi in Amazzonia sono spinti proprio da agricoltori e allevatori (oltre che dalle industrie minerarie), al fine di ottenere nuove terre da dedicare a raccolti e pascoli per il bestiame. E ovviamente terreni così vasti per così tanti animali richiedono una quantità di acqua dolce spropositata: quasi il 30 percento di tutta quella che usiamo è destinata proprio agli allevamenti, secondo lo studio "The water footprint of poultry, pork and beef: A comparative study in different countries and production systems" pubblicato su Water Resources and Industry. Ovviamente i bovini non hanno alcuna colpa in tutto questo; è l'uomo che ha annichilito un'intera specie, facendola riprodurre in batteria per metterla al proprio servizio.

Alla luce di questi dati, decidere di consumare carne vegana al posto di quella animale è davvero una delle cose più significative che possiamo fare personalmente per limitare il nostro impatto sul pianeta. Meno allevamenti, infatti, equivalgono a una minor sofferenza per gli animali e a un drastico calo dell'impatto ambientale dell'uomo. Certo, anche per produrre la carne "alternativa" si ha un inevitabile effetto sull'ambiente, ma gli ingredienti alla sua base (piselli, fagioli, grano, soia, patate, olio di girasole etc etc) sono nella nostra dieta da sempre, e si tratta solo di un modo diverso – e magari più gustoso – di consumarli. Anche solo ridurre la quota di carne rossa che mangiamo settimanalmente, se non la si vuole eliminare del tutto, può avere un effetto estremamente positivo se si è in tanti. Naturalmente qualunque scelta alimentare decidessimo di intraprendere, va sempre discussa con un nutrizionista o un dietologo.

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