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Perché questa estate potremmo venire invasi dalle meduse

L’inverno tiepido e particolarmente piovoso, in associazione alle torride temperature estive, rappresenta uno dei principali campanelli d’allarme per la proliferazione delle meduse, catalizzata dai cambiamenti climatici e dalla pesca intensiva.
A cura di Andrea Centini
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Tra il traffico da bollino rosso, i prezzi alle stelle degli stabilimenti balneari, le spiagge sovraffollate, le alghe e il tempo incerto, di motivi che possono rovinare un'agognata giornata di riposo al mare – quando non un'intera vacanza – vi è l'imbarazzo della scelta, ma in questi ultimi anni è soprattutto uno a esser balzato agli onori della cronaca estiva come vero e proprio spauracchio, ovvero il potenziale rischio di un'invasione di meduse. Palesatosi solo in poche circostanze, in base alle statistiche rilevate da alcuni recenti studi in futuro questo fenomeno potrebbe trasformarsi in un incubo per gli affari di albergatori e stabilimenti balneari del Mediterraneo, oltre che, naturalmente, per tutti gli amanti del mare.

Le ragioni scientifiche dietro la moltiplicazione di questi affascinanti animali appartenenti al gruppo dei celenterati sono molteplici e legate principalmente al fattore antropico. Come ribadito dai ricercatori intervenuti al V Simposio Internazionale sulla proliferazione delle meduse di Barcellona, tenutosi nei giorni scorsi, il più influente fra essi è la sensibile riduzione dei predatori naturali come tartarughe marine e alcune specie di pesci, vittime dirette e indirette della crisi ittica provocata dalla pesca intensiva. Giocano un ruolo fondamentale anche l'inquinamento ma soprattutto i cambiamenti climatici, i quali, a causa dell'aumento delle temperature dei mari, contribuiscono ad alimentare il trofismo e a modificare le correnti vicino alle coste. Le meduse, il cui corpo è costituito per il 98 percento da acqua, infatti non si avvicinano volontariamente alle spiagge, ma facendo parte del cosiddetto megaplancton vengono sospinte passivamente dal moto ondoso e dalle correnti marine.

Come indicato ai margini del convegno catalano dal direttore di ricerca dell'Ispra (Istituto superiore per la ricerca ambientale) Franco Andaloro, non c'è modo di sapere se questa estate vi sarà un'invasione di meduse e su quali coste, tuttavia il rischio è ritenuto maggiore a causa dell'inverno tiepido e particolarmente piovoso, oltre che per le elevate temperature previste nei prossimi mesi. Per arginare la minaccia, in Spagna è stato messo a punto un piano chiamato Jellyfish Project da attuare in caso di invasione, inoltre su alcuni tratti di mare sono state disposte reti “antimedusa” chiamate MED-JELLYRISK con lo scopo di proteggere i bagnanti. Un'iniziativa analoga è stata adottata anche innanzi a diverse località balneari italiane. Tra le specie a rischio invasione vi sono la comune Pelagia noctiluca, la Carybdea marsupialis, la Rhizostoma pulmo e la Cotylorhiza tuberculata, senza dimenticare la specie “aliena” Rhopilema nomadica e la Drymonema dalmatinum, la medusa più grande del Mediterraneo con un cappello di circa ottanta centimetri.

[Foto di romippe]

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