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Covid 19

Perché nei corridoi stretti c’è un rischio maggiore di infettarsi col coronavirus

Attraverso una sofisticata simulazione di fluidodinamica un team di ricerca dell’Accademia Cinese delle Scienze ha dimostrato che nei corridoi stretti c’è un rischio maggiore di infettarsi col coronavirus SARS-CoV-2 se davanti a noi ci fosse un positivo, anche a una distanza maggiore di quella di sicurezza. I bambini rischiano di più.
A cura di Andrea Centini
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Nonostante il coronavirus SARS-CoV-2 abbia iniziato a diffondersi nel mondo circa un anno fa, gli scienziati stanno ancora studiando a fondo i metodi di trasmissione del patogeno e il modo in cui essi vengono influenzati dalle caratteristiche ambientali. Un recentissimo studio condotto da scienziati coreani della Scuola di Medicina dell'Università Nazionale di Jeonbuk, ad esempio, ha scoperto che la trasmissione aerea del virus è possibile anche dopo soli 5 minuti a oltre 6 metri di distanza da un positivo, se quest'ultimo è investito da un flusso d'aria (come quello sprigionato da un condizionatore di un locale chiuso) che ci raggiunge. Un nuovo studio ha invece appena dimostrato che camminare all'interno dei corridoi stretti aumenta sensibilmente il rischio di contagio se innanzi a noi c'è un positivo che ha starnutito o tossito, anche a una distanza maggiore di quella di “sicurezza”. Particolarmente a rischio risultano essere i bambini.

A determinare che i corridoi stretti rappresentano un luogo potenzialmente più rischioso per la trasmissione della COVID-19 (l'infezione provocata dal coronavirus) è stato un team di ricerca del The State Key Laboratory of Nonlinear Mechanics dell'Accademia Cinese delle Scienze e della Scuola di Scienze Ingegneristiche dell'università dell'accademia. Gli scienziati, coordinati dal professor Xiaolei Yang, docente presso l'Istituto di Meccanica dell'ateneo di Pechino, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver messo a punto una sofisticata simulazione di fluidodinamica che ha mostrato nel dettaglio come si muove il flusso di goccioline respiratorie (droplet e aerosol) alle spalle del contagiato in ambienti con varie caratteristiche spaziali.

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Come specificato da Yang e colleghi, le esalazioni del respiro di una persona formano una nuvola di goccioline che si disperde intorno e dietro al corpo, dando vita a una scia simile a quella di una barca che solca l'acqua. Dalla simulazione è emerso che si forma una sorta di “bolla di ricircolo” esattamente dietro al busto, e una lunga scia di particelle come una coda che si estende da dietro la vita. Se le goccioline respiratorie rilasciate sono cariche di particelle virali del coronavirus SARS-CoV-2, chi si trova dietro al contagiato rischia di essere investito in pieno e di contrarre l'infezione. A due metri di distanza, ha spiegato il professor Yang in un comunicato stampa, “la scia è quasi trascurabile all'altezza della bocca e delle gambe, ma è ancora visibile all'altezza della vita”. Ciò, come indicato, rappresenta un pericolo soprattutto per i bambini, dato che la scia li raggiunge proprio all'altezza della bocca.

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Gli scienziati hanno scoperto che, dopo un colpo di tosse, queste nuvole cariche di particelle virali si disperdono in due modi differenti, che possono influenzare in modo significativo il rischio di contagio in base allo spazio in cui ci si trova. Nel primo caso la nuvola di particelle resta attaccata al corpo della persona, che la trascina dietro di sé come una sorta di zaino; nel secondo la nube di particelle si stacca e genera una bolla galleggiante, nella quale le particelle virali risultano molto più concentrate rispetto alla prima variante. “Per la modalità distaccata, la concentrazione delle goccioline è molto più alta rispetto alla modalità attaccata, cinque secondi dopo un colpo di tosse”, ha dichiarato il professor Yang. “Questi risultati rappresentano una grande sfida nel determinare una distanza sociale sicura in luoghi come i corridoi molto stretti, dove una persona può inalare goccioline virali anche se il positivo è molto lontano davanti a noi”, ha aggiunto l'esperto. Anche la velocità di chi si muove in questi ambienti alimenta il rischio di inalare una nuvola di particelle cariche di virus. I dettagli della ricerca “Effects of space sizes on the dispersion of cough-generated droplets from a walking person” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Physics of Fluids.

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