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Covid 19

Perché la FDA impiegherà 22 giorni per verificare i dati del vaccino anti COVID di Johnson&Johnson

La Food and Drug Administration (FDA) americana ha annunciato che si riunirà il 26 febbraio per approvare l’uso di emergenza del vaccino anti COVID di Johnson & Johnson, l’Ad26.COV2.S. Le verifiche sui dati della casa farmaceutica sono iniziati da alcuni giorni, e ce ne vorranno in tutto 22 per redigere un rapporto. Ecco perché saranno necessarie più di tre settimane per ottenere il via libera.
A cura di Andrea Centini
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Recentemente il colosso farmaceutico Johnson & Johnson ha annunciato che il suo vaccino contro il coronavirus SARS-CoV-2 ha un'efficacia dell'85 percento nel prevenire le forme gravi della COVID-19, l'infezione provocata dal patogeno. La protezione risulta invece essere completa contro il ricovero e il decesso, come emerso dallo studio di Fase 3 “ENSEMBLE”. I risultati molto incoraggianti suggeriscono che il vaccino Ad26.COV2.S, una preparazione a singola dose basata su un adenovirus reso innocuo, giocherà un ruolo importante nella lotta alla pandemia, ma i risultati sono stati comunicati solo dalla casa farmaceutica, pertanto dovranno essere vagliati a fondo dalle principali autorità regolatorie per ottenere il via libera alla commercializzazione. O meglio, l'approvazione per l'uso di emergenza o EUA, la formula con la quale la Food and Drug Administration (FDA) e l'Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) stanno autorizzando i vaccini anti COVID.

Nei giorni scorsi Johnson & Johnson ha annunciato di aver fatto richiesta di approvazione alla FDA per il proprio vaccino, e l'agenzia – che si occupa anche della regolamentazione di terapie sperimentali e prodotti alimentari – ha comunicato che impiegherà 22 giorni per esprimersi, fino alla fine di febbraio. Insomma, poco più di tre settimane prima che gli Stati Uniti possano avere a disposizione il terzo vaccino contro il coronavirus SARS-CoV-2, dopo il “BNT162b2” di Pfizer-BioNTech e l'mRNA-1273 di Moderna-NIAID (il National Institute of Allergy and Infectious Diseases guidao da Anthony Fauci). Secondo alcuni si tratterebbe di un tempo troppo lungo, vista la necessità di vaccinare quante più persone possibili in tempi rapidi; la pandemia, del resto, nei soli Stati Uniti ha provocato 27 milioni di contagi e oltre 463mila morti, i numeri di gran lunga più alti al mondo sia per infezioni che per decessi. Gli esperti sanno bene che avere rapidamente a disposizione un altro vaccino potrebbe salvare molte vite, tuttavia queste informazioni devono essere analizzate a fondo da un team di esperti per certificarne la validità. L'FDA, del resto, si è già presa 20 giorni per analizzare i dati sperimentali del vaccino di Pfizer-BioNTech e 17 giorni per quello di Moderna, prima di pronunciarsi.

Tre settimane, come detto, possono fare la differenza tra la vita e la morte per molte persone, ma l'agenzia americana ha già accorciato il più possibile i tempi per l'analisi, che al di fuori di una pandemia letale potevano impiegare diversi mesi, se non un anno intero. “Il personale della FDA sente la responsabilità di procedere il più rapidamente possibile attraverso il processo di revisione. Tuttavia, sanno che hanno il compito di proteggere la salute pubblica e di garantire che qualsiasi vaccino autorizzato soddisfi i nostri rigorosi standard di sicurezza ed efficacia”, aveva dichiarato a dicembre  l'ex commissario della FDA Stephen Hahn, in riferimento alla richiesta di autorizzazione del vaccino di Pfizer-BioNTech di autorizzazione per il proprio vaccino. Gli scienziati dell'FDA ovviamente non si limitano a leggere i risultati dei comunicati stampa, ma attingono ai rapporti completi con i dati grezzi, e li analizzano a fondo per giungere a una conclusione. “Gli esperti dell'agenzia hanno lavorato a turni, di notte e nei fine settimana, per esaminare i dati nel modo più completo e rapido possibile”, aveva specificato il dottor Hahn in una intervista al Wall Street Journal.

Per tutto il mese di febbraio, dunque, il team lavorerà ininterrottamente ai dati del vaccino Johnson&Johnson, fino alla produzione di un rapporto che verrà sottoposto al comitato consultivo indipendente sui vaccini della FDA. Questo gruppo si riunirà il 26 febbraio per valutarlo, e sulla base dell'analisi deciderà se approvare o meno la preparazione. Normalmente la decisione del comitato collima con quello del team di revisione, ma non ve n'è assoluta certezza. La scrupolosità di queste indagini è fondamentale, e sono figlie di protocolli nati da valutazioni del passato. Negli anni '60 del secolo scorso, ad esempio, in alcuni studi clinici americani venne somministrato il sedativo talidomide alle donne incinte per la prevenzione della nausea; il farmaco aveva tuttavia effetti teratogeni e i bambini nacquero con alterazioni congenite gravi, come assenza di arti e riduzioni delle ossa. Solo grazie al respingimento dei dati presentati dalla casa farmaceutica da parte dell'autorità regolatoria ne fu impedita la vendita negli USA. Nel 1961 il farmaco venne bandito.

C'è già ampia sfiducia verso i vaccini anti COVID da parte di una fetta consistente della popolazione, anche a causa della disinformazione dilagante sui social network. In alcuni casi sono coinvolti operatori sanitari. Tagliare sulle tempistiche delle verifiche su sicurezza ed efficacia non farebbe altro che ridurre ulteriormente la fiducia delle persone, e ciò potrebbe minare alla fonte il successo della fondamentale campagna vaccinale contro la pandemia.

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