Perché infezioni e morti per Covid tra i vaccinati non devono stupirci
Tra le vittime illustri della COVID-19, la malattia scatenata dal coronavirus SARS-CoV-2, figura anche il generale e politico americano Colin Powell, ex Segretario di Stato degli Stati Uniti tra il 2001 e il 2005 durante la presidenza di George W. Bush. L'uomo, 84 anni, è deceduto lunedì 18 ottobre a causa delle complicazioni dell'infezione presso il Walter Reed National Military Medical Center di Bethesda, in Maryland, lo stesso ospedale militare dove fu trasferito l'ex presidente Donald Trump dopo la sua positività, nel quale fu trattato con il cocktail di anticorpi monoclonali di Regeneron. La notizia della morte di Colin Powell è stata cavalcata dai “No Vax” per sbandierare una paventata inefficacia dei vaccini anti Covid, dato che il generale era stato vaccinato all'inizio dell'anno col Comirnaty, il vaccino a mRNA di Pfizer-BioNTech (ricevette la seconda dose a febbraio). Ecco perché utilizzare la morte di Colin Powell per promuovere la narrativa antivaccinista è totalmente privo di senso, oltre che ridicolo.
Innanzitutto, come sottolineato al New York Times dalla sua assistente Peggy Cifrino, il generale Powell aveva un mieloma multiplo, una forma di cancro che colpisce le plasmacellule (globuli bianchi), cellule del sistema immunitario che giocano un ruolo fondamentale nella produzione di anticorpi. Sia la malattia stessa che i trattamenti per contrastarla possono rendere i pazienti più a rischio di infezione, proprio a causa della condizione di immunosoppressione. Inoltre i vaccini – compresi quelli anti Covid – possono non rispondere così efficacemente nei soggetti in tali condizioni, sviluppando un basso livello di anticorpi neutralizzanti dopo l'inoculazione. Nello studio “Response to mRNA vaccination for COVID-19 among patients with multiple myeloma” condotto da scienziati americani dell'Institute for Myeloma and Bone Cancer Research di West Hollywood e pubblicato sull'autorevole rivista scientifica Nature, è stato evidenziato che i pazienti con mieloma multiplo sono molto più a rischio di COVID-19 severa. “Solo il 45 percento dei pazienti con mieloma multiplo attivo ha sviluppato una risposta adeguata, mentre il 22 percento ha avuto una risposta parziale”, ha dichiarato l'autore principale dello studio James R. Berenson, riferendosi ai pazienti vaccinati con i farmaci di Pfizer e Moderna. Un'altra ricerca pubblicata su Blood era giunta a conclusioni analoghe.
Va tenuta in considerazione anche l'età avanzata di Colin Powell, dato che notoriamente nei pazienti anziani i vaccini sono meno efficaci, avendo un sistema immunitario meno reattivo. A maggior ragione se si tratta di persone con difese immunitarie debilitate a causa di malattie e trattamenti in corso. Un recente studio canadese condotto sugli ospiti di case di riposo (età media 88 anni) ha rilevato che quelli vaccinati contro il coronavirus SARS-CoV-2avevano un livello di anticorpi neutralizzanti fino a sei volte inferiore rispetto a quello degli operatori sanitari dell'RSA (con un'età media di 47 anni). Se ciò non bastasse, a sottolineare la situazione precaria dell'ex Segretario di Stato statunitense, anche il fatto che aveva iniziato da poco un trattamento contro il morbo di Parkinson incipiente, come indicato dal New York Times. Poiché era un paziente fragile, il generale Powell era in lista d'attesa per ricevere la terza dose, che avrebbe dovuto fare tra circa una settimana; ha contratto la COVID-19 prima che potesse farla ed è spirato per le complicazioni dell'infezione.
Al di là del caso particolare, va tenuto presente che nessun vaccino è efficace al 100 percento, come sottolineato dal dottor Paul A. Offit, direttore del Vaccine Education Center presso il Children's Hospital di Philadelphia. “Niente è efficace al 100 percento. Il punto di ottenere un vaccino è che vuoi sapere se i benefici superano chiaramente e definitivamente i rischi. E sappiamo che è così per questo vaccino”, ha dichiarato al NYT il medico. Ad oggi, in base ai dati dei CDC, sono stati completamente vaccinati oltre 187 milioni di americani e fra essi sono stati registrati circa 7.200 decessi, la stragrande maggioranza dei quali persone con più di 65 anni (che oltre a essere più suscettibili alla COVID-19 grave possono rispondere meno efficacemente al vaccino). Gli esperti sottolineano che poiché i vaccini non hanno un'efficacia al 100 percento, che ci sono i cosiddetti "non-responder" (ovvero che coloro che non rispondono a un vaccino sviluppando scarsi anticorpi) e che ci sono condizioni cliniche e trattamenti che catalizzano il rischio di infezione, ci saranno comunque delle infezioni e dei decessi a causa della COVID-19 tra i vaccinati, anche se in numero sensibilmente inferiore (in proporzione) a quello dei non vaccinati o parzialmente vaccinati. Come dimostrano ampiamente i principali studi epidemiologici condotti nel mondo reale.