Perché i cambiamenti climatici aumentano il rischio di malori per gli atleti delle Olimpiadi
La pandemia di COVID-19 lo scorso anno ha avuto un impatto devastante anche sull'organizzazione dei principali eventi sportivi, tra i quali i XXXII Giochi Olimpici che si sarebbero dovuti tenere in Giappone – a Tokyo – tra il 24 luglio e il 9 agosto. Il CIO decise di non cancellarli, come accaduto per diverse altre manifestazioni, ma di posticiparli di un anno. L'accensione della torcia olimpica è attesa per venerdì il 23 luglio 2021, sebbene la minaccia della pandemia sia tutto fuorché scongiurata. Ad oggi sono infatti circa 70 tra atleti e accompagnatori i positivi al coronavirus SARS-CoV-2 e, qualora i contagi dovessero andare fuori controllo, non si esclude addirittura una cancellazione dell'ultimo minuto. Sui Giochi Olimpici di Tokyo, tuttavia, incombe un altro pericolo da non sottovalutare: il caldo estremo. Si stima infatti che nei prossimi giorni le temperature sulla capitale nipponica supereranno i 30° C, che assieme ad una elevatissima umidità rischiano di rappresentare un concreto pericolo per la salute degli atleti.
Non a caso molti team si sono allenati in condizioni estreme per preparare l'organismo al clima che avrebbero trovato in Giappone. Come sottolineato da The Verge, la squadra americana si è ispirata agli allenamenti durissimi pensati per i soldati da schierare nel deserto. Tra gli esempi vi sono corse prolungate sotto al sole estivo con felpa e berretto. Ancor più estremo è stato l'allenamento della squadra canadese di canottaggio femminile, che si è “rinchiusa” nel Canadian Sport Institute Pacific di Victoria portando le temperature interne a 35° C. Considerando gli sforzi estremi cui sono sottoposti gli atleti olimpici, che esprimono il massimo del potenziale umano in termini di prestanza fisica, le condizioni climatiche proibitive sono un rischio assolutamente da non sottovalutare. Lo dimostrano anche i diversi malori per surriscaldamento verificatisi nel recente passato. Nel 2019, ad esempio, tre vogatori impegnati proprio nelle prove preolimpiche tenutesi a Tokyo collassarono per il caldo insopportabile e necessitarono di assistenza medica appropriata. La temperatura in quei giorni raggiungeva quasi 34° C alle 10 del mattino. Se ne lamentarono anche diversi spettatori, soprattutto per la mancata copertura degli spalti. Per aggirare il problema il test di una gara di nuoto di fondo fu anticipato di 3 ore, alle 7 del mattino, quando tuttavia all'Odaiba Marine Park di Tokyo la temperatura dell'aria era già oltre i 30° C. “È stata la gara più calda che abbia mai fatto”, dichiarò all'Agence France-Presse il campione tunisino Oussama Mellouli, dopo la gara di 5 km. “Mi sono sentito bene per i primi 2 km, poi mi sono surriscaldato molto”, ha aggiunto il tre volte medaglia alle Olimpiadi.
Durante il periodo dei test preolimpici la temperatura media fu di 31° C e si registrarono anche alcuni colpi di calore mortali tra gli operai impegnati nei cantieri. Gli organizzatori decisero così di installare nebulizzatori, aree ombreggiate, tende e altri dispositivi per evitare il più possibile l'esposizione al calore di visitatori e atleti. Come sappiamo, le Olimpiadi saranno precluse al pubblico a causa dell'emergenza pandemica, ma i pericoli per gli atleti sono ancora concreti. A sottolinearlo anche l'aumento del numero di cittadini di Tokyo che, tra luglio e agosto, hanno bisogno di un trasporto d'urgenza in ospedale per un malore associato al caldo. Se nel 2008 erano "soltanto" 905, come indicato dalla Reuters, nel 2020 sono saliti a ben 4.759. Un enorme incremento dovuto alle temperature sempre più torride, che in futuro continueranno ad aumentare inesorabilmente a causa del riscaldamento globale catalizzato dai cambiamenti climatici. Basti pensare che alla fine di giugno una cupola di calore sul Nord America ha fatto raggiungere quasi i 50° C in una località del Canada, la temperatura più alta mai registrata nel Paese. A causa dell'ondata di caldo estremo morirono centinaia di persone e oltre un miliardo di animali marini, mentre centinaia di uccelli si gettarono dai nidi per scampare alle temperature infernali.