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Covid 19

Perché gli anticorpi monoclonali non sono un’alternativa ai vaccini

La narrazione dei “no vax” ha spesso strumentalizzato l’uso degli anticorpi monoclonali nella lotta alla pandemia di COVID-19, ritenendo queste costose terapie come alternative al vaccino contro il coronavirus SARS-CoV-2. Ecco perché si tratta di una assurdità e per quali pazienti sono davvero raccomandati i monoclonali.
A cura di Andrea Centini
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Nelle scorse settimane l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha deciso di raccomandare contro la COVID-19 – l'infezione provocata dal coronavirus SARS-CoV-2 – il cocktail di anticorpi monoclonali casirivimab e imdevimab, balzato agli onori della cronaca internazionale quando fu utilizzato per curare l'ex presidente americano Donald Trump. Prodotto dall'azienda americana Regeneron Pharmaceuticals in collaborazione col colosso farmaceutico svizzero Roche, il Ronapreve – questo il nome commerciale della terapia – è uno dei pochissimi trattamenti anti Covid ad aver ricevuto il via libera dall'OMS. Entro la fine dell'anno dovrebbe arrivare l'ok alla commercializzazione anche dall'Agenzia Europea per i Medicinali (EMA), dopo quello della FDA statunitense. Tali riconoscimenti da parte delle principali autorità sanitarie internazionali sottolineano l'importanza del Ronapreve e degli altri anticorpi monoclonali nella lotta alla pandemia di COVID-19, tuttavia il ruolo di queste terapie è stato spesso strumentalizzato dalla narrazione “no vax”, sbandierate ai quattro venti come un'alternativa ai vaccini anti Covid. Una vera e propria assurdità.

Per comprendere il poco senso di queste affermazioni è sufficiente fare riferimento alla differenza tra prevenzione e cura. I vaccini, sin da quando sono stati inventati, giocano un ruolo fondamentale nella prevenzione delle malattie, o comunque nell'attenuarne gli effetti negativi nel caso in cui le si dovesse contrarre. Il principio di questi farmaci è infatti la stimolazione del sistema immunitario contro un particolare patogeno o una parte di esso, affinché venga riconosciuto come nemico e nel nostro organismo venga prodotto un esercito di anticorpi, linfociti, cellule della memoria e altri "soldati" pronti a combattere l'invasore in caso di esposizione. Per quanto concerne il coronavirus SARS-CoV-2, diversi vaccini anti Covid si basano sul colpire la proteina S o Spike, ovvero il “grimaldello biologico” utilizzato dal patogeno per legarsi alle cellule umane e avviare l'infezione. In parole semplici, ci vacciniamo per ridurre il rischio di essere contagiati e, in caso di contagio, di sviluppare la forma meno grave dell'infezione, che ha già ucciso quasi 5 milioni di persone nel mondo (delle quali circa 132mila in Italia). Va tenuto presente che non esiste un vaccino efficace al 100 percento, per qualunque patologia, inoltre una certa percentuale della popolazione è cosiddetta “non responder”, ovvero non sviluppa difese immunitarie adeguate dopo la vaccinazione, magari per condizioni cliniche sottostanti (immunodepressione) o perché sta seguendo una terapia con farmaci immunosoppressori, ad esempio dopo un trapianto. Ciò significa che ci sarà sempre qualcuno che si ammalerà e morirà nonostante la vaccinazione. Ecco perché è fondamentale che tutti noi ci vacciniamo contro la COVID-19: per proteggere noi stessi e tutte le persone fragili che ci circondano.

Ma non è questo il punto della questione. Come indicato, la narrazione antivaccinista vede negli anticorpi monoclonali dei sostituti dei preziosi vaccini. Come suggerisce il nome stesso, gli anticorpi monoclonali sono appunto anticorpi (o immunoglobuline), quelle proteine che si sviluppano naturalmente dopo l'infezione naturale (o dopo la vaccinazione) per proteggerci da un patogeno già incontrato. Gli anticorpi monoclonali sono semi-sintetici, cioè prodotti in laboratorio attraverso una costosa e complessa procedura, a partire da veri anticorpi estratti dal plasma dei pazienti che sono stati già contagiati dal patogeno. I monoclonali vengono ingegnerizzati e potenziati al fine di proteggere dall'infezione, ma come evidenzia l'Organizzazione della Sanità (OMS) per il Ronapreve, essi sono raccomandati per trattare i pazienti che risultano già infettati dal coronavirus SARS-CoV-2. Si tratta dunque di un trattamento per curare ed evitare che un'infezione già in atto possa evolvere nella forma severa; non serve per prevenire l'infezione come accade con i vaccini (sebbene possa essere pensato per una profilassi post-esposizione in determinate categorie di pazienti fragili).

Ma al netto di casi particolari, è la stessa OMS a sottolineare come devono essere impiegati i monoclonali. Nel caso specifico della combinazione di casirivimab e imdevimab, essa è rivolta a due categorie di pazienti: i positivi con la forma lieve dell'infezione che presentano i fattori di rischio associati a un peggioramento (età avanzata, obesità, diabete e altre comorbilità); e i positivi che hanno sviluppato la forma grave o critica della COVID-19 ma che non hanno avuto una risposta anticorpale adeguata, risultando sieronegativi. “Per tutte le altre categorie di pazienti con la COVID-19, è inverosimile che i benefici di questo trattamento con anticorpi siano significativi”, hanno scritto gli autori dello studio “Antibody and cellular therapies for treatment of covid-19: a living systematic review and network meta-analysis” recentemente pubblicato sulla rivista BMJ, i cui risultati hanno spinto l'OMS all'approvazione.

C'è anche un altro fattore da tenere in considerazione, oltre alla differenza sostanziale tra cura e prevenzione. Gli anticorpi monoclonali costano infatti molto di più rispetto a un vaccino. Il cocktail casirivimab e imdevimab ha un prezzo indicativo di circa 2.000 Euro, se si considera che la Germania ha pagato 400 milioni di Euro per duecentomila dosi. Al momento la dose del vaccino anti Covid più costosa si attesta attorno a poche decine di Euro. Se le case farmaceutiche avessero il solo interesse a fare cassa, come sostengono con spregiudicatezza molti antivaccinisti, non farebbero il possibile per promuovere terapie costosissime per tutti? Ma come indicato, gli anticorpi monoclonali non sono alternativi ai vaccini e non hanno lo stesso ruolo nella lotta alla pandemia, pur essendo molto importanti per alcune categorie di pazienti già contagiati.

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