Perché due dosi di vaccino Covid non bastano a evitare il contagio da variante Omicron
Come preannunciato dagli esperti, a un paio di settimane dall'identificazione della variante Omicron (B.1.1.529) del coronavirus SARS-CoV-2 emersa in Sudafrica sono stati pubblicati i primi risultati – preliminari – relativi alla sua capacità di fuga immunitaria. I dati, che fanno capo a diversi studi, suggeriscono che la nuova variante di preoccupazione sia in grado di compromettere almeno in parte l'efficacia dei vaccini, riducendo in modo significativo l'attività di neutralizzazione degli anticorpi presenti nel sangue delle persone immunizzate. Tuttavia, come aveva ipotizzato il professor Ugur Sahin, amministratore delegato di BioNTech e ideatore del vaccino anti Covid “Comirnaty” di Pfizer, sebbene la variante Omicron abbia questa potenziale capacità di “sfuggire” all'immunità indotta dalle due dosi di vaccino e dunque di contagiare, si ritiene che la protezione dalla malattia grave e dalla morte resti sostanziale. Inoltre gli esperti sottolineano che la terza dose (il richiamo o booster) dovrebbe comunque garantire una protezione significativa verso il patogeno, come evidenziato dai risultati di uno studio diffuso da Pfizer, in base ai quali è stato dimostrato che aumenta di 25 volte la concentrazione di anticorpi contro la Omicron rispetto alle due dosi.
Nei test di neutralizzazione condotti dai vari team di ricerca (in Svezia, Germania e Sudafrica) gli scienziati hanno valutato la capacità elusiva della variante Omicron attraverso due approcci differenti: in uno hanno utilizzato vere particelle infettive del nuovo lignaggio, ottenute da campioni biologici di pazienti contagiati, nell'altro hanno sfruttato i cosiddetti pseudovirus, ovvero virus geneticamente modificati per esprimere la proteina S o Spike “super mutata” della variante Omicron. L'eccezionale contagiosità del nuovo ceppo – si ritiene fino a 500 volte superiore rispetto al virus originale di Wuhan – e la capacità di eludere i vaccini risiederebbe proprio nel grande numero di mutazioni concentrate su questa glicoproteina, sfruttata per agganciarsi al recettore ACE-2 delle cellule umane, rompere la parete cellulare, riversare l'RNA virale all'interno e avviare il processo di replicazione, che determina l'infezione e scatena la malattia (COVID-19). Negli esperimenti i ricercatori hanno esposto la variante Omicron (o lo pseudovirus) agli anticorpi presenti nel sangue di persone vaccinate (con 2 o 3 dosi) e precedentemente infettate, ottenendo risultati anche parecchio divergenti, come si evince dalla tabella sottostante diffusa su Twitter dal dottor Yaniv Erlich.
Nello studio "SARS-CoV-2 Omicron has extensive but incomplete escape of Pfizer BNT162b2 elicited neutralization and requires ACE2 for infection" condotto dal team del professor Alex Sigal, virologo presso l'Africa Health Research Institute di Durban (Sudafrica), è stato ad esempio dimostrato che gli anticorpi nel sangue di 12 persone vaccinate (con due dosi di Pfizer) avevano una capacità di neutralizzazione della variante Omicron ridotta di 40 volte rispetto a quella osservata contro il ceppo ancestrale del patogeno. In questo caso per l'esperimento è stata utilizzata la vera variante del SARS-CoV-2. I ricercatori hanno scoperto anche che le persone infettate prima di essere vaccinate tendevano ad avere livelli più elevati di anticorpi neutralizzanti contro la variante Omicron rispetto a chi non era stato contagiato. La terza dose di richiamo o booster dovrebbe garantire un aumento analogo e dunque una maggiore protezione. Secondo il professor Otto O. Yang, docente presso la Divisione di Malattie Infettive dell'Università della California di Los Angeles e autore della ricerca “Previous infection Combined with Vaccination Produces Neutralizing Antibodies with Potency against SARS-CoV-2 Variants”, la reiterata esposizione alla proteina S o Spike del patogeno – sia attraverso la vaccinazione che con l'infezione naturale – migliora la qualità degli anticorpi neutralizzanti in circolo. Questo dato sarebbe indipendente dalla sequenza virale, pertanto lo scienziato ritiene che la dose booster possa essere efficace anche contro la variante Omicron "super mutata".
In un altro studio condotto dal prestigioso Karolinska Institute in Svezia, nel quale è stato sfruttato uno pseudovirus per i test, l'attività di neutralizzazione contro la variante Omicron del siero (la porzione del sangue con gli anticorpi) di 17 donatori e di 17 operatori sanitari precedentemente infettati è risultata ridotta rispettivamente di 7 e 5 volte, in confronto a quanto osservato contro il ceppo “selvatico” del patogeno pandemico. Un'altra indagine guidata dalla virologa tedesca Sandra Ciesek dell'Università Goethe di Francoforte ha invece rilevato che la capacità di neutralizzazione degli anticorpi contro la Omicron, rispetto a quanto osservato con la variante Delta, è stata ridotta di 10 volte con due dosi di vaccino Pfizer, di circa 30 volte con tre dosi di vaccino e di 30 volte per i pazienti che avevano ricevuto le due dosi ed erano stati anche contagiati. Si tratta di risultati sensibilmente discordanti da quelli diffusi dal colosso farmaceutico Pfizer, pur essendo tutti preliminari e da confermare. Nella ricerca "Reduced Neutralization of SARS-CoV-2 Omicron Variant by Vaccine Sera and monoclonal antibodies" condotta dagli scienziati tedeschi è stata osservata anche una ridotta capacità di neutralizzazione della variante Omicron da parte degli anticorpi monoclonali casirivimab e imdevimab, un risultato che potrebbe avere un impatto significativo sulle terapie. In un "cinguettio" su Twitter la scienziata tedesca ha inoltre elencato i dati preliminari (dunque anch'essi da confermare) relativi alla riduzione nell'efficacia di neutralizzazione degli anticorpi innescati da diversi vaccini. Come specificato dall'esperta, complessivamente la riduzione nell'efficacia è risultata essere di 37 volte rispetto alla Delta.
Lo studio preliminare di Pfizer ha rilevato che tre dosi del vaccino Comirnaty neutralizzano la variante Omicron, tuttavia due dosi "mostrano titoli di neutralizzazione significativamente ridotti". I dati indicano inoltre che il richiamo del vaccino aumenta i titoli anticorpali neutralizzanti (Immunoglobuline IgG) di 25 volte rispetto alle due dosi contro la variante emersa in Sudafrica. "I titoli dopo la dose di richiamo sono paragonabili a quelli osservati dopo due dosi contro il virus wild-type che sono associati ad alti livelli di protezione", ha chiosato il colosso farmaceutico in un comunicato stampa.
Va sottolineato che tutti questi studi sono preliminari, non sottoposti a revisione paritaria e non pubblicati su riviste scientifiche, pertanto è necessario attendere altri risultati che confermino quanto effettivamente sia elusiva la variante Omicron e quanto la terza dose sia in grado di contenere il rischio di contagio e malattia. Tali risultati dovrebbero essere pubblicati entro una decina di giorni, secondo il professor Pei-Yong Shi, virologo presso l'Università del Texas Medical Branch di Galveston (Stati Uniti).