Perché dobbiamo preoccuparci se si scioglie un ghiacciaio (anche se non ci cade in testa)
Tra le conseguenze principali del riscaldamento globale innescato dai cambiamenti climatici vi è indubbiamente lo scioglimento dei ghiacciai. Si tratta di uno dei fenomeni che preoccupa maggiormente gli scienziati e che dovrebbe destare attenzione in tutti noi, non solo in chi è minacciato direttamente dal distacco di un seracco (blocco di ghiaccio sganciatosi da un ghiacciaio) o da una potenziale alluvione a valle. Lo scioglimento e la frammentazione dei ghiacciai hanno infatti ripercussioni sensibili sugli equilibri degli ecosistemi e sulla vita di intere comunità, con un impatto potenzialmente catastrofico sotto il profilo energetico, idrico e turistico. Ma quando sono coinvolti tanti ghiacciai o quelli più grandi e importanti dei poli, le conseguenze possono essere anche su scala globale: basti pensare all'innalzamento del livello dei mari, al rilascio di concentrazioni elevatissime di sostanze nocive (come isotopi radioattivi, pesticidi e anidride carbonica) e allo stravolgimento delle catene alimentari e degli equilibri climatici.
Ciò che sta accadendo al ghiacciaio Planpincieux sul Monte Bianco, dal quale rischia di distaccarsi un seracco da decine di migliaia di metri cubi – e che per questo il Comune di Courmayer ha deciso di evacuare edifici e chiudere le strade esposte -, è solo la punta dell'iceberg. A luglio di quest'anno dallo Zermatt (in Svizzera) il crollo di una massiccia porzione del ghiacciaio ha determinato la liberazione di una enorme quantità d'acqua che si è scatenata a valle, producendo una devastante alluvione. Del resto, a causa delle ondate di calore registrate a giugno e a luglio, i ghiacciai svizzeri hanno perduto 800 milioni di tonnellate d'acqua in sole due settimane. In Italia si contano attualmente circa 900 ghiacciai, e si stima che tutti quelli al di sotto dei 3.500 metri di quota andranno perduti nel giro di 20/30 anni. Entro il 2050 dovremo dire addio alla metà dei ghiacciai delle Alpi e al 75 percento entro il 2100, se i tassi di scioglimento andranno avanti con il ritmo attuale. Ciò, oltre a provocare situazioni di allarme analoghe a quelle innescate dal Planpincieux sul Monte Bianco, col rischio di alluvioni e crollo di seracchi sulle aree abitate, come indicato avrà effetti sostanziali sull'ambiente, sugli ecosistemi montani e su scala più ampia sulla salute di tutti noi. Senza dimenticare i problemi di approvvigionamento d'acqua per le comunità montane, la flora e la fauna che ne dipendono.
Una delle minacce principali relative allo scioglimento dei ghiacciai è la liberazione di sostanze nocive nell'ambiente. Come dimostrato da una recente ricerca guidata da scienziati britannici dell'Università di Plymouth, alla quale hanno collaborato anche ricercatori dell'Università Bicocca di Milano, nel cuore dei ghiacciai dell'Artico, dell'Antartide e delle Alpi europee sono rimaste intrappolate grandi quantità di particelle radioattive accumulate dopo test e incidenti nucleari. Sul ghiacciaio del Morteratsch, in Svizzera, gli studiosi hanno rilevato un'elevata concentrazione di Cesio 137, pari a 13.558 Becquerel per chilogrammo (Bq/Kg). È dieci volte il limite massimo permesso per alcuni alimenti. Un altro elemento trovato in concentrazioni preoccupanti è l'Americio. Quando i ghiacciai libereranno queste sostanze fluiranno nei corsi d'acqua e finiranno inevitabilmente nella catena alimentare, con conseguenze sugli animali e sull'uomo che se ne alimenta.
Ma nel cuore dei ghiacciai non ci sono solo sostanze radioattive. Una recente indagine dell'Università Bicocca di Milano ha determinato dall'analisi di campioni di acqua di fusione dei ghiacciai del Monte Rosa l'accumulo di erbicidi e pesticidi utilizzati nella Pianura Padana. Queste sostanze contaminanti sono finite sulle montagne trasportate dai cicli atmosferici, esattamente come gli isotopi radioattivi. Per comprendere quanto possano essere pericolosi per l'ambiente e la salute, basti pensare che le concentrazioni del pesticida dichlorpirifos nei campioni analizzati sono risultate maggiori di circa cento volte il valore soglia. A questi veleni vanno aggiunti i gas serra come l'anidride carbonica e il metano, presenti in quantità enormi soprattutto negli strati del permafrost, che a dispetto del nome si stanno sciogliendo anch'essi. Si stima che perderemo dal 30 al 70 percento del permafrost entro il 2100, e al suo interno si trovano 1.500 miliardi di tonnellate di carbonio. Oltre a virus, batteri e altri agenti patogeni “dimenticati” perché sepolti da decenni o addirittura secoli, con esiti imprevedibili una volta diffusi nell'ambiente. I ghiacciai, infine, riflettono buona parte dei raggi solari grazie all'albedo e permettono di mantenere più fresco il pianeta; sciogliendosi faranno accumulare ulteriore calore innalzando le temperature e innescando un vero e proprio circolo vizioso.