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Lo scioglimento dei ghiacci può liberare enormi quantità di materiale radioattivo: ecco perché

Analizzando le “carote” prelevate da ghiacciai di tutto il mondo, un team di ricerca internazionale ha scoperto che in essi sono intrappolate ingenti quantità di materiale radioattivo derivante da test e incidenti nucleari. A causa dei cambiamenti climatici rischia di riversarsi nell’ambiente, mettendo in pericolo la nostra salute e quella degli ecosistemi.
A cura di Andrea Centini
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Lo scioglimento dei ghiacci catalizzato dal riscaldamento globale potrebbe avere un'altra conseguenza molto pericolosa per la nostra salute, ovvero il rilascio nell'ambiente di ingenti quantità di materiale radioattivo. Lo ha determinato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'Università di Plymouth, Regno Unito, che hanno collaborato con i colleghi dell'Università di Sheffield, dell'Università Bicocca di Milano, dell'Università della Scienze e della Tecnologia della Polonia, dell'Università della Columbia Britannica (Canada) e di altri istituti sparsi per il mondo.

Incidenti e test nucleari. Ma cosa c'entra lo scioglimento del ghiaccio col materiale radioattivo? Poiché le particelle radioattive sono molto leggere, quando vengono eseguiti test nucleari o accadono incidenti, come quello di Chernobyl e quello di Fukushima, i fenomeni atmosferici le trasportano anche molto lontano dai luoghi d'origine e a quote elevate, fino a raggiungere i ghiacciai. In questi freddi luoghi il materiale radioattivo può generare strati densi e concentrati, che restano intrappolati nel ghiaccio fino allo scioglimento, quando vengono liberati nell'ambiente.

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Esperimento. Gli scienziati coordinati dalla professoressa Caroline Clason, docente di Geografia Fisica presso la Scuola di geografia, terra e scienze ambientali dell'ateneo britannico, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver eseguito carotaggi in vari depositi di ghiaccio sparsi per il mondo, dall'Artico all'Antartide, passando per le Alpi europee, il Caucaso, la Columbia Britannica e altri ancora. Clason e colleghi sono andati a caccia dei cosiddetti radionuclidi di fallout (FRN), particelle radioattive che derivano da incidenti nucleari e test. Nei carotaggi hanno trovato strati di questi materiali corrispondenti ai test nucleari condotti negli anni '50 e '60 del secolo scorso e all'incidente di Chernobyl, mentre le particelle legate al recente disastro di Fukushima debbono ancora consolidarsi. Gli elementi più pericolosi emersi dalle indagini sono stati il Cesio e l'Americio. Sul ghiacciaio svizzero del Morteratsch, ad esempio, è stata trovata la più alta concentrazione di Cesio 137, pari a ben 13.558 Becquerel per chilogrammo (Bq/Kg), circa dieci volte il limite massimo consentito per alcuni alimenti umani, come la carne.

Quali sono i rischi. A causa dello scioglimento dei ghiacci, tutto questo materiale radiattivo verrà liberato e scenderà a valle, trasportato dall'acqua, finendo inevitabilmente nella catena alimentare. Oltre agli animali che vivono a quote elevate, anche le comunità montane saranno le prime ad essere esposte a queste pericolose sostanze. Al momento gli scienziati non sanno quale sarà l'impatto dei radionuclidi di fallout sulla salute umana e sugli ecosistemi, per questo condurranno studi approfonditi per scoprirlo. I dettagli della ricerca, anticipati sul sito dell'Università di Plymouth, sono stati presentati in seno all'Assemblea Generale 2019 dell'Unione Europea di Geoscienze (EGU) che si è tenuta a Vienna dal 7 al 12 aprile.

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