Ora sappiamo cosa c’è sotto la superficie di Marte
Esattamente 3 anni fa, nel novembre del 2018, la sonda InSight della NASA è arrivata sulla pianura “Elysium Planitia” di Marte, con l'obiettivo di studiare l'attività sismica, le temperature, i fenomeni atmosferici e la struttura interna del Pianeta Rosso. Il primo terremoto in assoluto – un cosiddetto “marsquake” – fu rilevato dal sismometro SEIS (Seismic Experiment for Interior Structure) nell'aprile del 2019, dopo i primi microsismi svelati il mese precedente. Il sensibile strumento della sonda InSight (Interior Exploration using Seismic Investigations, Geodesy and Heat Transport) non solo è progettato per andare a caccia delle vibrazioni prodotte dai terremoti, ma anche per carpirne le differenze; grazie alle caratteristiche delle onde, infatti, è possibile mappare la struttura interna del pianeta e dunque capire cosa c'è sotto lo strato di regolite marziana, spessa 1,5 metri e formata da polveri e materiale roccioso derivati dagli impatti con i meteoriti. Grazie al SEIS gli scienziati hanno scoperto che nei primi 200 metri di profondità, sotto la superficie della pianura, si trovano due strati di roccia lavica indurita (di età diverse) che ne "abbracciano" uno di roccia sedimentaria.
A determinare cosa c'è sotto la regolite marziana è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'Istituto di Geofisica dell'ETH di Zurigo, del Servizio Sismico Svizzero (SED) e dell'Istituto federale di geoscienze e risorse naturali (BGR) di Hannover (Germania), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Jet Propulsion Laboratory della NASA, dell'Osservatorio Bensberg dell'Università di Colonia e del Dipartimento di Ingegneria Elettrica ed Elettronica dell'Imperial College di Londra. I ricercatori, coordinati dai professori M. Hobiger, M. Hallo e C. Schmelzbach, hanno determinato che ad appena 3 metri sotto la superficie inizia il primo strato di roccia vulcanica, derivato da antiche eruzioni avvenute 1,7 miliardi di anni fa. Si è formato durante il cosiddetto periodo Amazzoniano di Marte, caratterizzato da un clima arido e freddo e da pochi impatti di asteroidi.
Sotto il primo strato di lava indurita, in un intervallo compreso (probabilmente) tra i 30 e gli 80 metri di profondità, si trova uno strato di materiale di composizione incerta, che gli scienziati ritengono possa essere roccia sedimentaria. Sotto di esso affonda fino a circa 200 metri un altro strato di roccia lavica, molto più antico del primo. Secondo gli autori dello studio potrebbe avere 3,6 miliardi di anni, dunque si sarebbe formato durante il periodo Esperiano, caratterizzato da un'intensa attività vulcanica che ha modellato il pianeta come lo conosciamo oggi. Per gli scienziati è interessante notare la presenza di questo “sandwich” con i due strati di roccia lavica, segnale di un lungo periodo di inattività eruttiva: “Il fatto che ci sia questo strato sedimentario racchiuso tra la roccia vulcanica indica che c'è stata una pausa nell'attività eruttiva, una pausa abbastanza lunga perché ci vuole molto tempo affinché si formino le rocce sedimentarie”, hanno scritto gli autori dello studio.
Determinare cosa c'è sotto le prime decine di metri sotto la superficie marziana non è semplice a causa delle vibrazioni prodotte dal vento (è molto più facile studiare le grandi profondità), per questo gli scienziati hanno elaborato i dati di InSight catturati di sera, quando i venti marziani generalmente diventano più deboli. Per le analisi delle onde i ricercatori si sono avvalsi di una tecnica sismologica ampiamente utilizzata sulla Terra, basata sull'“inversione delle curve di ellitticità delle onde di Rayleigh” ottenute dalle vibrazioni sismiche ambientali. Conoscere cosa c'è sotto la regolite è utile non solo per comprendere l'evoluzione del pianeta, ma anche determinare quali sono i punti migliori dove far "ammartare" lander e rover e persino per costruire le future basi umane, in vista della pionieristica esplorazione del Pianeta Rosso. I dettagli della ricerca “The shallow structure of Mars at the InSight landing site from inversion of ambient vibrations” sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica Nature Communications.