Oltre 2 miliardi di persone rischiano il coronavirus perché non possono lavarsi le mani
Tra le precauzioni per prevenire la COVID-19, l'infezione provocata dal coronavirus SARS-CoV-2, l'igiene delle mani è contemplata fra quelle fondamentali, alla stregua dell'indossare la mascherina – chirurgica o “di comunità” – e il mantenere una distanza dagli altri di almeno un metro. Come specificato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dal Ministero della Salute, è raccomandato lavare frequentemente le mani con acqua e sapone per almeno 40-60 secondi, oppure con una soluzione idroalcolica almeno al 75 percento. È un gesto quotidiano semplice ed efficace, che noi diamo praticamente per scontato sia a casa che fuori. Eppure nel mondo ci sono oltre 2 miliardi di persone ad alto rischio di contagio – e di trasmissione del SARS-CoV-2 – proprio perché non possono lavarsi le mani. Si tratta di un quarto dell'intera popolazione umana.
A rilevare questo drammatico dato è stato un team di ricerca americano dell'Università di Washington di Seattle, che attraverso sondaggi e la revisione dei dati del Global Burden of Diseases, Injuries and Risk Factors Study ha stimato l'accesso all'acqua pulita e al sapone in oltre mille località internazionali, tra il 1990 e il 2019. Gli scienziati, coordinati dal professor Michael Brauer, docente presso l'Institute for Health Metrics and Evaluation dell'ateneo statunitense e all'Università della British Columbia di Vancouver (Canada), hanno determinato che pur essendo stati fatti significativi passi in avanti nel corso degli ultimi 30 anni, ben il 50 percento della popolazione dell'Africa sub-sahariana e dell'Oceania non può lavarsi le mani perché non ha accesso all'acqua pulita e al sapone. In otto grandi Paesi ci sono almeno 50 milioni di persone (per ciascuno di essi) che devono affrontare questa situazione. Quelli coinvolti sono la Cina, dove la pandemia di SARS-CoV-2 ha avuto origine alla fine dello scorso anno; la Nigeria; l'Etiopia; l'Indonesia; l'India; il Pakistan; il Bangladesh e la Repubblica Democratica del Congo.
In generale, sono interessati moltissimi Paesi a basso e medio reddito, dove sussistono anche gravi carenze in ambito sanitario, e proprio per questo le misure di prevenzione dovrebbero essere diffuse in modo capillare, come sottolineato dal professor Brauer, che punta il dito contro gli interventi dell'ultimo minuto. “Le soluzioni temporanee, come il disinfettante per le mani o i camion dell'acqua, sono proprio questo: soluzioni temporanee. Ma è necessario implementare soluzioni a lungo termine per la COVID e per gli oltre 700.000 decessi che ogni anno sono dovuti a un accesso limitato al lavaggio delle mani”, ha affermato Brauer. Basti pensare che in base a un recente studio condotto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), soltanto in Africa nel giro di un anno si rischiano 250 milioni di contagiati e fino a 190mila morti per il coronavirus.
Passi in avanti significativi nella distribuzione di acqua pulita e sapone sono stati fatti in numerosi Paesi, come il Nepal, il Marocco, la Tanzania e l'Arabia Saudita, ma sono ancora troppi quelli in cui questa basilare misura di protezione resta inaccessibile per tantissimi. La speranza è che la ripartenza dopo il passaggio della pandemia possa tradursi anche in un riequilibrio sociale a livello globale, grazie al quale risorse primarie come acqua e cibo non manchino più a nessuno, e che un'assistenza sanitaria adeguata diventi disponibile in tutto il mondo. I dettagli della ricerca americana sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Environmental Health Perspectives.