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Covid 19

Nuovo test rileva il coronavirus nelle fogne e prevede la curva dei contagi: perché è prezioso

Un team di ricerca guidato da scienziati del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università di Stanford (Stati Uniti) ha messo a punto un nuovo test in grado di rilevare con precisione l’RNA virale del coronavirus SARS-CoV-2 nelle acque reflue. L’esame è così sensibile che può verificare se i tassi di infezione stanno aumentando o diminuendo all’interno di una determinata comunità.
A cura di Andrea Centini
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Potrebbe apparire quantomeno curioso, ma l'analisi delle acque reflue prelevate dai sistemi fognari e dagli impianti di depurazione rappresenta un ottimo metodo per verificare se il coronavirus SARS-CoV-2 stia circolando o meno in una determinata area, più o meno circoscritta (da un palazzo a un campus universitario, passando per una città intera). Poiché infatti il patogeno emerso in Cina si lega alle cellule intestinali, nelle quali è abbondante il recettore ACE-2 (cui si lega la proteina S o Spike del coronavirus), le persone infette rilasciano quantità significative particelle virali attraverso le feci. I test delle acque reflue in un campus dell'Università dell'Arizona, ad esempio, hanno permesso di individuare due studenti positivi asintomatici e di bloccare sul nascere un potenziale focolaio, mentre i mini lockdown nei quartieri di Madrid decisi sulla base del virus rilevato nelle fogne ha permesso di contenere la diffusione del patogeno tra settembre e ottobre (dimezzando la catena dei contagi). Ora, grazie a un nuovo test sperimentale, gli scienziati non solo sono in grado di rilevare la presenza del coronavirus nei sistemi fognari, ma anche di determinare se i tassi di infezione stanno aumentando o diminuendo, con tutto ciò che ne consegue in termini di gestione della pandemia.

A mettere a punto il nuovo test per acque reflue è stato un team di ricerca guidato da scienziati della prestigiosa Università di Stanford, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Ingegneria civile e ambientale dell'Università del Michigan, del Dipartimento di sanità pubblica della contea di Santa Clara, del Dipartimento di Ingegneria dell'Università di San Francisco e di altri istituti americani. Gli scienziati, coordinati dalla professoressa Alexandria B. Boehm, docente di ingegneria ambientale presso l'ateneo californiano, hanno puntato a migliorare accuratezza ed efficacia dei test già in uso attraverso due strategie: innanzitutto hanno testato sia i campioni fluidi che quelli solidi, per determinare quale dei due fosse migliore per rilevare le concentrazioni di coronavirus; in secondo luogo hanno sperimentato varie tipologie di PCR per capire quale fosse la più sensibile.

Dopo varie analisi hanno determinato che i campioni solidi depositati sul fondo degli impianti di depurazione avevano concentrazioni di RNA virale sensibilmente maggiori di quelle delle acque soprastanti, un risultato atteso perché, come dichiarato dalla professoressa Boehm in un comunicato stampa, i virus hanno maggiore affinità con i solidi. Eppure la maggior parte dei test attualmente in uso per monitorare la presenza del coronavirus si basa proprio sull'analisi del campione liquido e non del sedimento. Dagli esami di laboratorio hanno anche scoperto che la tecnica digital droplet a una fase – (dd)RT-PCR è più efficace nel rilevare l'RNA del coronavirus nei solidi rispetto alla RT-QPCR a due fasi e alla ddRT-PCR a due fasi. Grazie alla maggiore sensibilità del nuovo test, è possibile rilevare la tendenza al rialzo dei tassi di infezione molto prima dei test tradizionali, e ciò può permettere interventi di salute pubblica precoci. in grado di spegnere focolai e spezzare la catena dei contagi in anticipo. Ad esempio, se si dovesse rilevare la presenza del virus in un determinato quartiere, si potrebbero mettere a punto test a tappeto per individuare immediatamente i positivi ed evitare che spargano il virus nella comunità.

Boehm e colleghi hanno dimostrato la validità del test analizzando un centinato di campioni solidi prelevati tra marzo a metà luglio di quest'anno dall'impianto regionale per le acque reflue della contea San Jose-Santa Clara. Attraverso modelli statistici hanno messo a confronto le concentrazioni di RNA virale rilevate con i tassi di infezione della contea, trovando un parallelismo con la curva dei contagi. Ad esempio, hanno osservato diminuzioni a maggio e a giugno e un picco a luglio. Gli autori dello studio stanno mettendo a punto una nuova indagine per monitorare le acque reflue di otto impianti e verificare l'andamento ogni 24 ore, al fine di raccogliere dati da sottoporre alle amministrazioni. I dettagli della ricerca “SARS-CoV-2 RNA in Wastewater Settled Solids Is Associated with COVID-19 Cases in a Large Urban Sewershed” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Environmental Science & Technology,

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