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Covid 19

Nel mondo circolano almeno otto ceppi del coronavirus: muta più lentamente dell’influenza

Sul portale NextStrain.org è possibile visualizzare le “mappe filogenetiche” del coronavirus e verificare in quanti sottotipi si è suddiviso fino ad oggi, attraverso le mutazioni che avvengono replicazione dopo replicazione. Nel mondo circolano almeno 8 ceppi del patogeno emerso a Wuhan, che fortunatamente sembra mutare poco, dalle 8 alle 10 volte in meno rispetto ai virus dell’influenza.
A cura di Andrea Centini
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In base ai dati pubblicati sul portale NextStrain.org, nel quale vengono caricate le informazioni genetiche del coronavirus SARS-CoV-2, nel mondo stanno circolando almeno otto differenti ceppi del patogeno emerso in Cina (verosimilmente tra il 20 e il 25 novembre del 2019, secondo uno studio italiano guidato da scienziati italiani del Campus BioMedico di Roma). Nel momento in cui stiamo scrivendo, sulla base della mappa interattiva messa a punto da scienziati dell'università americana Johns Hopkins, questi ceppi hanno contagiato oltre 1 milione e 140mila persone in tutto il mondo, uccidendone quasi 61mila. Soltanto in Italia i contagi sono 119mila, mentre le vittime ben 14.781, il dato peggiore in assoluto.

I laboratori di tutto il mondo continuano a sequenziare il genoma del coronavirus a partire dai campioni biologici prelevati dai pazienti, ottenendo informazioni sempre più dettagliate sulla sua evoluzione, replicazione dopo replicazione. Il SARS-CoV-2, infatti, sta mutando costantemente, suddividendosi in sottotipi con piccole differenze fra loro. Fortunatamente il tasso di mutazione globale sembra risultare piuttosto lento e compatibile con quello degli altri coronavirus, come quelli responsabili della SARS (Severe acute respiratory syndrome – sindrome respiratoria acuta grave) e della MERS (Middle East Respiratory Syndrome – sindrome respiratoria mediorientale), che condividono col patogeno emerso a Wuhan larga parte del profilo genetico, oltre che l'origine nei pipistrelli del genere Rhinolophus (sono infatti tutti e tre betacoronavirus). “Il virus muta così lentamente che i ceppi del virus sono fondamentalmente molto simili tra loro”, ha dichiarato a USA Today il professor Charles Chiu, docente di medicina e malattie infettive presso la Scuola di Medicina dell'Università della California di San Francisco. Gli ha fatto eco il professor Kristian Andersen dello Scripps Research Institute, che ha sottolineato come il virus "muti dalle 8 alle 10 volte più lentamente del virus dell'influenza". Il genoma del coronavirus è composto da circa 30.000 coppie di basi (le “lettere” del suo codice genetico), e nei ceppi che divergono di più da quello “originale” gli scienziati hanno osservato soltanto 11 cambi di coppia di basi.

Tuttavia, secondo un recente studio condotto su circa 500 sequenze genomiche dal professor Changchuan Yin, docente presso il Dipartimento di Matematica, Statistica e Informatica dell'Università dell'Illinois a Chicago, benché complessivamente si modifichi poco, il coronavirus SARS-CoV-2 presenta mutazioni piuttosto rapide a livello della proteina S o spike, quella che permette al patogeno di legarsi alle cellule umane (attraverso il recettore ACE2), scardinarle come un grimaldello e penetrare al loro interno, dando vita al processo di replicazione e all'infezione. Questo è un dettaglio da non sottovalutare, poiché simili mutazioni potrebbero rendere il patogeno ancor più aggressivo (o anche meno, dato che il processo è guidato dal caso).

Sul sito NextSrain è possibile osservare le “mappe filogenetiche” del coronavirus che mostrano il suo percorso evolutivo, generate grazie ai dati caricati da scienziati circa 40 Paesi. Si tratta tuttavia di una piccolissima fetta della variabilità genetica del virus, tenendo presente che stiamo parlando di una pandemia che ha sconvolto l'intero pianeta. In precedenza scienziati dell’Università Peking di Pechino e dell’Istituto Pasteur di Shanghai avevano identificato nei pazienti cinesi due ceppi del SARS-CoV-2, con caratteristiche piuttosto differenti fra loro. Il tipo L più aggressivo e contagioso e il tipo S, meno virulento. Col passare del tempo conosceremo sempre meglio il nostro "nemico", e grazie a questi studi si potranno mettere a punto farmaci e vaccini in grado di debellarlo.

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