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Covid 19

Scoperti due ceppi del coronavirus: uno è più aggressivo dell’altro

Ricercatori dell’Università Peking di Pechino e dell’Istituto Pasteur di Shanghai hanno identificato due ceppi diversi del nuovo coronavirus emerso in Cina (SARS-CoV-2). Uno, il tipo L, è più aggressivo e contagioso e ha colpito il 70 percento dei pazienti cinesi; l’altro, il tipo S, è meno virulento, ma sta cominciando a diffondersi più dell’altro.
A cura di Andrea Centini
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Il nuovo coronavirus visto al microscopio elettronico in falsi colori. Credit: NIAID-RML
Il nuovo coronavirus visto al microscopio elettronico in falsi colori. Credit: NIAID-RML
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Scoperti due distinti ceppi del nuovo coronavirus emerso in Cina (SARS-CoV-2), uno più aggressivo e contagioso chiamato "tipo L" e uno sensibilmente meno virulento, il "tipo S". Il primo a originare sarebbe stato quello che determina i sintomi più leggeri, tuttavia il responsabile del maggior numero di contagi in Cina sarebbe stato proprio il secondo. Secondo gli studiosi la circolazione di questi due ceppi così diversi fra loro potrebbe spiegare il motivo per cui alcune persone vengono colpite da una forma violenta della COVID-19 (l'infezione scatenata dal patogeno), mentre altre non manifestano particolari problemi di salute nonostante la positività.

A identificare le due “facce” del coronavirus è stato un team di ricerca della Scuola di Scienze della Vita presso l'Università Peking di Pechino, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Peking Union Medical College e del CAS Key Laboratory of Molecular Virology & Immunology dell'Istituto Pasteur di Shanghai, che fa capo all'autorevole Accademia Cinese delle Scienze. Gli scienziati, coordinati dal professor Jian Lu, docente presso il Centro di Bioinformatica dello State Key Laboratory of Protein and Plant Gene Research dell'ateneo pechinese, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver sequenziato 103 genomi virali ottenuti dai campioni biologici dei pazienti ricoverati negli ospedali.

Dalle analisi di Lu e colleghi, come indicato, sono state individuate le due varianti L ed S del coronavirus. La prima a emergere e ad infettare l'uomo, la S, secondo uno studio dell’Università Campus Bio-medico di Roma guidato dal professor Massimo Ciccozzi avrebbe compiuto il salto di specie da un animale tra il 20 e il 25 novembre. Questo processo avrebbe avuto luogo nella città di Wuhan, verosimilmente nel famigerato “mercato del pesce” dove venivano venduti anche animali vivi. Benché la S sia stata la prima a esordire, la L ha cominciato subito a farsi largo tra la popolazione, tanto da aver “soppiantato” in breve tempo la variante meno aggressiva. Gli scienziati cinesi ritengono che la variante L abbia contagiato il 70 percento della popolazione colpita dal coronavirus.

Il “dominio” della variante L, tuttavia, non è durato a lungo, poiché facendo ammalare rapidamente e in modo serio le persone, è stata semplice da "isolare" e circoscrivere con i ricoveri in ospedale, permettendo alla variante S di recuperare terreno. Dall'inizio di gennaio, spiegano gli scienziati, la diffusione della variante aggressiva ha iniziato a scemare, e adesso sta circolando con maggiore frequenza la S. Si ritiene che la variante meno virulenta sarà quella “vincente”, proprio perché può circolare più facilmente. Non determinando sintomi preoccupanti, infatti, le possono così continuare a “scambiarsela” permettendo al virus di replicarsi contagio dopo contagio e a prosperare. Gli scienziati tengono a precisare che i risultati del loro studio sono preliminari e dovranno essere confermati e certificati da indagini più approfondite. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica National Science Review (NSR) dell'Accademia Cinese delle Scienze.

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