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Covid 19

L’OMS sconsiglia uso del Remdesivir nei pazienti COVID: “Non riduce rischio di aggravamento e morte”

L’antivirale Remdesivir è stato considerato sin dall’inizio della pandemia uno dei farmaci più promettenti contro il coronavirus SARS-CoV-2, alla luce dei buoni risultati offerti in laboratorio contro i patogeni responsabili della SARS e della MERS, “cugini” del nuovo virus. Un’approfondita analisi condotta su quattro studi, tuttavia, ha spinto l’OMS a non raccomandarlo per il trattamento dei pazienti ospedalizzati. Ecco perché.
A cura di Andrea Centini
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L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomanda di non utilizzare l'antivirale Remdesivir per trattare i pazienti ospedalizzati affetti da COVID-19, l'infezione provocata dal coronavirus SARS-CoV-2. La ragione risiede nel fatto che non vi sono evidenze scientifiche che il medicinale abbatta il tasso di mortalità e riduca il rischio di finire in terapia intensiva, essere sottoposti a ventilazione meccanica e via discorrendo. La notizia non è del tutto sorprendente, dato che alcuni importanti studi avevano fatto emergere dubbi sull'efficacia del farmaco di Gilead Sciences, ciò nonostante altre indagini avevano rilevato benefici che hanno spinto la Food and Drug Administration (FDA) americana ad autorizzarlo per l'uso di emergenza. Il Remdesivir è stato il primo farmaco in assoluto a essere approvato contro la COVID-19. Ora la “doccia gelata” dell'OMS.

Il motivo per cui la massima autorità sanitaria internazionale ha deciso di sconsigliare l'uso del Remdesivir è legato ai risultati di un'analisi di dati provenienti da quattro studi, per un totale di oltre 7mila pazienti coinvolti. A condurla un team di ricerca internazionale composto da una trentina di esperti di trattamenti clinici, quattro pazienti-medici che hanno fornito le proprie osservazioni sulla terapia ricevuta e un esperto di etica. Le conclusioni sono confluite nelle linee guida messe a punto dall'OMS e dall'organizzazione Magic Evidence Ecosystem Foundation (MAGIC) per supportare i medici di tutto il mondo a offrire il miglior trattamento possibile ai pazienti contagiati dal coronavirus SARS-CoV-2. La COVID-19 del resto è una nuova patologia, pertanto le ricerche sui migliori approcci terapeutici sono in costante evoluzione.

Come spiega l'OMS in una nota, “l'evidenza non ha suggerito alcun effetto importante sulla mortalità, sulla necessità di ventilazione meccanica, sul tempo per il miglioramento clinico e su altri esiti importanti per il paziente”, pertanto si è deciso di non raccomandare il Remdesivir. L'antivirale, nato in origine per combattere i virus Marburg ed Ebola e testato contro il SARS-CoV-2 poiché aveva dato risultati promettenti (in laboratorio) contro i betacoronavirus “cugini” responsabili della SARS e della MERS, non è infatti scevro da potenziali effetti collaterali significativi, inoltre è costoso e deve essere infuso per via endovenosa, con tutto ciò che ne consegue in termini di assistenza sanitaria. Alla luce della nuova revisione si è così deciso di non consigliarlo.

Ma l'Organizzazione Mondiale della Sanità non ha completamente chiuso la porta in faccia al Remdesivir. Gli esperti suggeriscono infatti di continuare a sperimentarlo nei trial clinici, poiché potrebbe ancora offrire benefici in determinate fasce di pazienti, e comunque sono necessari studi più approfonditi per avere l'assoluta certezza che non sia utile. Come indicato, è stato il primo farmaco anti COVID ad essere approvato per l'uso d'emergenza dalla FDA, nello specifico per i pazienti con forme gravi dell'infezione con un'età di almeno 12 anni e un peso di 40 chilogrammi. Gli studi cui ha fatto riferimento l'agenzia federale statunitense, che si occupa proprio di regolamentare farmaci, terapie sperimentali e anche prodotti alimentari, avevano fatto emergere che il Remdesivir riduce la durata della sintomatologia e dei tempi di ricovero. Un risultato in contrasto con le ultime rilevazioni dell'OMS. È dunque ancora presto per mettere la parola fine all'uso del farmaco.

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