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Livelli elevati di anticorpi contro il coronavirus individuati nel latte materno di donne contagiate

Attraverso analisi sierologiche condotte sul latte materno di neomamme contagiate e poi guarite dalla COVID-19, l’infezione provocata dal coronavirus SARS-CoV-2, un team di ricerca americano guidato da scienziati della Icahn School of Medicine at Mount Sinai di New York ha identificato una robusta concentrazione di anticorpi contro il patogeno.
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A cura di Andrea Centini
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Alti livelli di anticorpi contro il coronavirus SARS-CoV-2 sono stati trovati nel latte materno di donne contagiate dal patogeno e poi guarite. Ciò significa che le immunoglobuline passano dalla mamma al neonato o al bambino, sebbene non sia ancora chiaro se siano in grado di proteggere o meno i piccoli dalla COVID-19, l'infezione provocata dal virus emerso in Cina. Gli scienziati che hanno identificato gli anticorpi suggeriscono che potrebbero essere estratti dal latte e utilizzati per mettere a punto nuovi approcci terapeutici.

A trovare gli anticorpi contro il SARS-CoV-2 nel latte materno è stato un team di ricerca americano guidato da scienziati della Divisione di Malattie Infettive e di altre sezioni della Icahn School of Medicine at Mount Sinai di New York, che hanno collaborato con i colleghi dell'Istituto di ricerca sulle Scienze della salute dell'Università della California e del Dipartimento di Psicologia dell'Università della California Merced. Gli scienziati, coordinati dalle professoresse Rebecca L. Powell e Alisa Fox del Dipartimento di Medicina dell'ateneo newyorchese, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato il latte di otto neomamme risultate positive al coronavirus SARS-COV-2 attraverso il tampone rino-orofaringeo e di altre sette donne sospettate di aver contratto l'infezione, ma i cui campioni non sono stati sottoposti alla PCR.

Dall'analisi sierologica è emerso che nell'80 percento dei campioni di latte è stata evidenziata una robusta risposta anticorpale, in particolar modo delle immunoglobuline IgA, quelle che si formano poco dopo l'infezione e che sono presenti soprattutto nelle alte vie respiratorie. Rappresentano infatti la prima linea di difesa contro l'invasione di patogeni contro virus, batteri e altri microorganismi. Nello specifico sono strati trovati IgA nella forma sIgA, che sono più comuni nel muco; Powell e colleghi si aspettavano di trovare in maggiori concentrazioni proprio questo tipo di immunoglobuline. Nel 67 percento dei campioni sono stati rilevati anche anticorpi di tipo IgM, che si trovano più facilmente nel sangue e sono i primi a svilupparsi durante un'infezione, e i cosiddetti anticorpi neutralizzanti IgG, quelli più numerosi e che restano più a lungo, noti per la capacità di prevenire o attenuare un'infezione dopo un periodo di tempo più o meno lungo.

L'aspetto più interessante della scoperta risiede nel fatto che gli anticorpi rilevati sono specifici per siti della proteina S o Spike del coronavirus SARS-CoV-2, quella che il patogeno sfrutta per legarsi al recettore ACE-2 delle cellule umane, rompere la parete cellulare, riversarsi all'interno e dar vita al processo di replicazione, che determina l'infezione (COVID-19). Non è un caso che tutti i vaccini candidati più promettenti puntino proprio a colpire questa specifica componente del virus. Come indicato, gli autori dello studio credono che questi anticorpi possano essere estratti per mettere a punto un approccio terapeutico contro l'infezione. I dettagli della ricerca “Robust and Specific Secretory IgA Against SARS-CoV-2 Detected in Human Milk” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica iScience.

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