L’infezione da coronavirus può peggiorare o far comparire l’acufene
L'acufene, come spiega l'Istituto Humanitas, “è un disturbo a carico dell'orecchio che si manifesta con una percezione sonora per lo più a tonalità acuta (simile a un fischio, a un ronzio o a uno scampanellio) seppur in assenza di rumori esterni”. Conosciuto anche come tinnito, l'acufene non è considerato dai medici una vera e propria malattia, sebbene possa compromettere la qualità della vita di chi lo sperimenta. Può essere scatenato da molteplici fattori, compresi patologie (ictus, labirintite, cataratta, disturbi psicogeni e sclerosi multipla, tra quelle citate dall'Humanitas), traumi, tappi di cerume e così via. Un nuovo studio ha rilevato che anche la COVID-19, l'infezione scatenata dal coronavirus SARS-CoV-2, può esacerbare l'acufene o addirittura innescarlo.
A scoprire l'associazione tra infezione da coronavirus e acufene è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'Università Anglia Ruskin di Cambridge, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Scienze della parola e dell'udito dell'Università Lamar, del Nottingham Biomedical Research Centre, dell'Ospedale Universitario di Anversa, del Karolinska Institute di Stoccolma e di numerosi altri centri di ricerca sparsi per il mondo. Gli scienziati, coordinati dalla dottoressa Eldre Beukes, ricercatrice presso il Centro di ricerca sulle Scienze della vista e dell'udito dell'ateneo britannico, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver coinvolto in uno studio trasversale ed esplorativo oltre 3mila partecipanti da tutto il mondo (48 Paesi), tutti quanti sofferenti di acufene. I volontari, la maggior parte dei quali provenienti da Stati Uniti ed Europa, ha risposto a questionari ad hoc.
Di tutti i partecipanti l'8 percento è risultato positivo al tampone rino-faringeo per il coronavirus SARS-CoV-2 e ha sviluppato i sintomi dell'infezione, come tosse, febbre, mal di testa, perdita dell'olfatto e del gusto, problemi respiratori e così via. Fra essi il 40 percento ha dichiarato che la COVID-19 ha peggiorato il proprio acufene; il 54 percento ha affermato di non avere notato differenze mentre il 6 percento ha persino indicato di aver sperimentato un miglioramento della condizione. Sebbene la quasi totalità dei partecipanti aveva accusato l'acufene prima della pandemia di COVID-19, in sette hanno dichiarato di aver sviluppato il disturbo dell'udito dopo essere stati contagiati dal patogeno emerso in Cina. Secondo gli autori dello studio l'acufene innescato dal coronavirus potrebbe essere un sintomo della cosiddetta “sindrome del COVID lungo” o “Long COVID”, una condizione caratterizzata da una sintomatologia che dura per molto tempo. Uno studio britannico condotto su oltre 4mila positivi ha rilevato che circa 100 di essi stavano male a tre mesi di distanza dal contagio.
L'acufene può essere associato anche a forti condizioni di stress e disagio emotivo, e non a caso un terzo dei partecipanti allo studio ha affermato che la propria condizione sarebbe peggiorata a causa dell'impatto negativo della pandemia e delle misure introdotte per spezzare la catena dei contagi. La paura di ammalarsi e di perdere il lavoro, la distanza dalle persone care e l'isolamento sono tutti fattori che hanno catalizzato lo stress, soprattutto nelle donne e nei giovani. “I risultati di questo studio evidenziano le complessità associate all'esperienza dell'acufene e come sia i fattori interni, come l'aumento dell'ansia e la sensazione di solitudine, sia i fattori esterni, come i cambiamenti nella routine quotidiana, possono avere un effetto significativo sulla condizione”, ha dichiarato la dottoressa Beukes in un comunicato stampa. Ad oggi è stato diagnosticato ufficialmente anche un caso di perdita dell'udito irreversibile in un 45enne britannico a seguito dell'infezione. I dettagli della ricerca “Changes in Tinnitus Experiences During the COVID-19 Pandemic” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Frontiers in Public Health.