Le varianti allontanano l’immunità di gregge: “Serve l’80% di vaccinati, il 60% non basta più”
Sin da quando è scoppiata la pandemia di COVID-19 gli esperti hanno fatto riferimento all'immunità di gregge, un meccanismo basato sulla vaccinazione che determina la protezione da una malattia infettiva anche dei soggetti non vaccinati, quando si raggiunge una determinata soglia nella copertura vaccinale. In parole semplici, la diffusione del vaccino genera sempre più semafori rossi e porte chiuse per il patogeno, che continuando a “sbattere” contro di essi non riesce a farsi largo tra la popolazione, tendendo a sparire. Si tratta di un principio fondamentale per proteggere tutte quelle persone che non possono vaccinarsi a causa condizioni sottostanti, come ad esempio gli immunodepressi.
All'inizio della pandemia di COVID-19 si stimava che l'immunità di gregge – che la Svezia ha utopicamente ricercato facendo circolare liberamente il coronavirus, fallendo – sarebbe stata raggiunta con il 60 percento della popolazione immunizzata. Ma la diffusione delle nuove varianti del SARS-CoV-2 sta letteralmente cambiando le carte in tavola. Secondo nuove stime, a causa della maggiore trasmissibilità dei lignaggi emergenti, il 60 percento non è più considerata una soglia sufficiente per conquistare l'agognato obiettivo: serve infatti l'80 percento di persone vaccinate. Si tratta di un traguardo decisamente più ambizioso, anche tenendo presente che una fetta significativa della popolazione – in Italia così come in altri Paesi – ha abbracciato le teorie antivacciniste, che possono minare le fondamenta della più grande campagna vaccinale globale nella storia dell'umanità. Non a caso si è anche parlato di obbligo della vaccinazione, o comunque di introdurre criteri limitanti (ad esempio negli spostamenti) per chi decide di non sottoporsi al vaccino.
A sottolineare che a causa delle varianti per raggiungere l'immunità di gregge serve l'80 percento di vaccinati è stato il professor Giorgio Parisi, fisico e attuale presidente dell'Accademia Nazionale dei Lincei (dal 2018). Durante un'audizione innanzi alla Commissione Igiene e Sanità del Senato, lo scienziato ha affermato: “Le nuove varianti del virus SARS-CoV-2 sono più contagiose e di conseguenza si può stimare che per raggiungere l'immunità di gregge non basta rendere immune il 60 percento della popolazione, come si stimava all'inizio dell'epidemia, bisogna arrivare a rendere incapace di trasmettere il contagio l'80 percento della popolazione”. Lo studioso sottolinea che tale traguardo non deve essere raggiunto solo in specifiche comunità, come ad esempio l'Italia o in un qualsiasi altro Paese, ma in tutto il mondo. L'immunità di gregge, in pratica, deve essere planetaria. La ragione è semplice: se il coronavirus continuerà a circolare liberamente altrove, mentre i Paesi si chiudono a riccio e vaccinano a tappeto, il patogeno continuerà comunque anche a mutare, sviluppando modifiche potenzialmente in grado di eludere i vaccini. Del resto stanno già emergendo alcuni varianti – portatrici della mutazione E484K, come la brasiliana e la sudafricana – che avrebbero una certa capacità elusiva verso gli anticorpi neutralizzanti, sia quelli indotti da una precedente infezione naturale che dalla vaccinazione. Lo mostrano i casi di reinfezione nella città brasiliana di Manaus e i risultati degli studi clinici dei vaccini anti COVID di Johnson & Johnson e Novavax. Non a caso, il professor Gavin Yamey dell'Università Duke di Durham ha affermato che la pandemia potrebbe protrarsi per altri 7 anni, se i Paesi ricchi continueranno a “razziare” i vaccini senza condividerli con gli altri.
“Non è solo un dovere morale bloccare l'epidemia nel terzo mondo – ha dichiarato Parisi durante l'audizione al Senato – è una questione di pura autodifesa. Fino a quando l'epidemia continua su grande scala il virus continuerà a mutare, a diventare più contagioso”. “Sono stati firmati contratti per circa 5 miliardi di persone e 2 miliardi di persone sono scoperte”, ha aggiunto lo scienziato. “A seconda del vaccino – prosegue – vaccinarli costa da 6 miliardi a 30 miliardi di dollari. Non vaccinarli è sia un crimine che un atto di miopia. Nei Paesi del Sud America vicino all'equatore e nel Brasile del Nord l'epidemia ha raggiunto livelli altissimi. Le morti annuali in Perù sono raddoppiate: è come se da noi fossero morte 600.000 persone”, ha chiosato Parisi. L'esperto ha anche affermato che sarà importare una campagna di rivaccinazione con richiami a partire dal prossimo autunno, in particolar modo per coloro che sono stati sottoposti a vaccini diversi da quelli a mRNA come il Moderna e lo Pfizer, poiché con un'efficacia inferiore al 90 percento. “Non tanto per proteggere loro ma gli altri”, ha specificato il presidente dell'Accademia dei Lincei, aggiungendo che sarebbe necessario condurre studi per mettere a confronto l'efficacia delle due tipologie principali di vaccino approvate, quelle a RNA messaggero e basate su adenovirus.