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La terapia genica cura la beta talassemia: addio alle trasfusioni per 3 bimbi

Un team di ricerca italiano guidato da scienziati dell’Istituto SR-TIGET e dell’Università Vita-Salute San Raffaele ha dimostrato la grande efficacia della terapia genica nel trattare la beta talassemia, in particolar modo nei bambini. Grazie ad essa tre piccoli colpiti dalla forma grave non hanno più bisogno di trasfusioni.
A cura di Andrea Centini
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La terapia genica è in grado di curare efficacemente – e in sicurezza – la beta talassemia, soprattutto nei più piccoli. Grazie a questa tecnica rivoluzionaria, infatti, è possibile dire addio alle trasfusioni di sangue, un vero e proprio supplizio che i pazienti più gravi devono sopportare per tutta la vita. A dimostrare l'efficacia della terapia genica, gli eccezionali risultati clinici di uno studio di fase 1-2 condotto da ricercatori italiani dell'Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica (SR-TIGET) e dell'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, che hanno collaborato con i colleghi dell'Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, del Dipartimento di Pediatria dell'Università di Milano-Bicocca e di diversi altri istituti e ospedali.

Cos'è la beta talassemia. Conosciuta anche col nome di anemia mediterranea, la beta talassemia è una malattia ereditaria del sangue dovuta a mutazioni di uno specifico gene, l'HBB sito sul cromosoma 11. A causa della mancata (o insufficiente) produzione di una componente chiave dell'emoglobina nei globuli rossi, essa determina sintomi che vanno dal molto lieve al grave. I pazienti più gravi sono obbligati a effettuare trasfusioni ogni mese proprio per rimpiazzare i globuli rossi difettosi, oltre che rimuovere il ferro in eccesso che si accumula nell'organismo. In Italia si stima vi siano settemila persone colpite da beta talassemia.

Lo studio. Gli scienziati italiani coordinati dalla professoressa Giuliana Ferrari, docente presso l'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, hanno coinvolto nella sperimentazione un totale di nove pazienti, tre adulti, tre adolescenti e tre bambini, tutti colpiti da una forma grave di anemia mediterranea. Dopo aver prelevato le cellule staminali ematopoietiche (HSC) dei partecipanti le hanno ingegnerizzate al fine di ‘riparare' i danni causati dal gene difettoso. Il passaggio fondamentale è consistito nell'inserimento all'interno delle cellule autologhe di una copia funzionante del gene difettoso, operata attraverso un vettore lentivirale chiamato GLOBE. In parole semplici, si tratta di un virus affine a quello dell'HIV (responsabile dell'AIDS) che viene epurato della componente infettiva e trasformato in una microscopica ‘navetta cargo', in grado di portare il gene funzionante a destinazione. Dopo la modifica le cellule HSC sono state iniettate per via endovenosa in tutti i partecipanti allo studio.

I risultati. Al termine della sperimentazione tre dei pazienti più piccoli hanno dimostrato di non aver più bisogno di trasfusioni di sangue; sono dunque guariti dall'anemia mediterranea. Soltanto uno dei più piccoli non ha risposto alla cura, per questo Ferrari e colleghi stanno indagando a fondo sulle ragioni. La tecnica è risultata molto efficacia anche sugli adulti con età superiore ai trenta anni; dopo l'infusione delle cellule HSC, infatti, hanno ridotto significativamente il numero di trasfusioni. In precedenza una tecnica simile – chiamata LentiGlobin BB305 – messa a punto da scienziati del Brigham and Women's Hospital di Boston e della prestigiosa Scuola di Medicina dell'Università di Harvard aveva dimostrato ottimi risultati negli adulti e negli adolescenti, eliminando la necessità di trasfusioni in 15 su 22 e riducendola nettamente negli altri. I risultati della ricerca italiana, la prima condotta sui bambini, sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Nature.

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