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La minaccia dei meteoriti è sottostimata?

Lo sostiene uno studio appena pubblicato che si basa sui più recenti dati provenienti dal meteorite di Chelyabinsk.
A cura di Nadia Vitali
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Le probabilità di assistere nuovamente alla caduta di un asteroide, con effetti simili o peggiori di quelli verificatisi in Russia qualche mese fa quando la pioggia di meteore sull'oblast di Chelyabinsk provocò oltre un migliaio di feriti, potrebbero essere assai più alte di quanto pensato fino ad ora: è quanto suggeriscono i ricercatori di diverse università del mondo che hanno lavorato su uno dei casi astronomici più straordinari in assoluto, almeno tra quelli ai quali hanno potuto assistere degli esseri umani.

Sì, perché se è vero che fenomeni di questo genere si verificherebbero all'incirca una volta ogni cento anni – e il precedente illustre, risalente al 30 giugno 1908, si colloca anch'esso nella vasta area russa, nella siberiana Tunguska – è altrettanto innegabile che l'evento di Chelyabinsk costituisce un unicum per la storia dell'umanità, poiché oggetto di decine di riprese che ne hanno fatto il più documentato di sempre e, ormai, anche il più studiato. Appena poche settimane fa, inoltre, dal fondo del lago Cherbakul è stato pescato un grosso masso di circa 600 chilogrammi che gli esperti ritengono essere proprio ciò che resta del devastante impatto, vissuto quasi in diretta dal mondo intero lo scorso 15 febbraio; ad esso si sono sommati numerosi frammenti raccolti nella vasta regione che fu interessata dalla caduta di quelle luminose ed inquietanti scie celesti. Insomma, di materiale da studiare per conoscere al meglio le caratteristiche dell'asteroide non ne è mancato di certo: anzi, considerata l'abbondanza di dati, per gli scienziati è stato anche possibile giungere a nuove conclusioni nella comprensione del fenomeno definite addirittura «rivoluzionarie» dalla NASA. Il ricorso ad analisi ed esami di ogni tipo, per altro, è stato associato alla viva testimonianza di quanti hanno assistito all'avvenimento, consentendo una visione a tutto tondo dei fatti.

Alcuni dei frammenti analizzati dai ricercatori
Alcuni dei frammenti analizzati dai ricercatori

Anzitutto è stato appurato che l'oggetto giunto sul cielo russo doveva misurare all'incirca una ventina di metri: il gruppo guidato da Olga Popova dell’Accademia delle Scienze russa di Mosca ha infatti sfruttato i dati provenienti dalle decine di villaggi disseminati nei dintorni di Chelyabinsk, concentrandosi in particolare sulle riprese video al fine di tracciare il percorso dell'oggetto. Secondo gli studiosi, la detonazione avvenuta nei cieli avrebbe originato un'onda d'urto potentissima formatasi a circa 90 chilometri d'altitudine ma percepita dagli individui che si trovavano a terra. Viaggiano ad una velocità di 18.6 chilometri al secondo, l'asteroide avrebbe raggiunto il picco di massima luminosità e calore quando si trovava a 29,7 chilometri dalla superficie terrestre. Il punto in cui il frammento più grosso è andato a schiantarsi, lasciando un solco, misurerebbe appena sette metri; tre quarti circa della roccia si sarebbero "volatizzati" a causa della deflagrazione nei cieli.

Il professor Peter Brown della University of Western Ontario, a capo di un team di ricerca che ha pubblicato i risultati del proprio lavoro su Nature, ha spiegato come le osservazioni suggerirebbero che il numero di oggetti con un diametro dell'ordine di decine di metri sarebbe superiore di circa 10 volte rispetto a quanto pensato fino ad oggi. Questo farebbe salire notevolmente il rischio di impatti dagli effetti devastanti. Brown e colleghi hanno stimato la potenza sprigionata dall'asteroide di Chelyabinsk come pari a circa 500 kilotoni, una trentina di volte più intensa di quella registrata ad Hiroshima con la bomba atomica; la luminosità massima rilevata, inoltre, sarebbe stata trenta volte superiore a quella solare. Bastano dunque questi dati per comprendere come mai, secondo gli studiosi, i modelli predittivi attualmente esistenti per la stima del rischio dei possibili danni derivanti da eventi del genere sottostimerebbero altamente le potenzialità distruttrici di oggetti come quelli di Tunguska (caduto fortunatamente in un'area del tutto disabitata) e Chelyabinsk.

«Se l'umanità non vuole fare la fine dei dinosauri, dobbiamo studiare questo evento in dettaglio» sostiene il professor Qing-Zhu Yin della Univeristy of California, Davis, riportato dall'Istituto Nazionale di Astrofisica. E, del resto, la conoscenza sull'asteroide sembra giunta ad un buon livello: con un'età di 4,452 miliardi di anni, la roccia dovrebbe essersi formata circa 115 milioni di anni dopo la nascita del Sistema solare; è stata classificata come una condrite, la tipologia più ricorrente di meteoriti piovuti sulla Terra. Jiří Borovička dell'Astronomical Institute of the Academy of Sciences della Repubblica Ceca avanza l'ipotesi, in un altro studio pubblicato da Nature, che il frammento facesse parte di un'unico oggetto con l'asteroide 1999 NC43: è stato infatti rilevato come le orbite dei due corpi celesti risulterebbero sovrapponibili.

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