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Covid 19

La COVID-19 può provocare un’infiammazione atipica della tiroide: quali sono i sintomi

Analizzando i casi di infiammazione alla tiroide in pazienti COVID ricoverati a Milano, un team di endocrinologi ha determinato che la tiroidite da SARS-CoV-2 ha caratteristiche differenti rispetto a quelle provocate da altri virus. Per gli esperti è necessario monitorare a lungo chi soffre della condizione, per verificare se sussista il rischio di ridotta disfunzionalità permanente.
A cura di Andrea Centini
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La COVID-19, l'infezione provocata dal coronavirus SARS-CoV-2, può colpire anche la tiroide e determinare un'infiammazione atipica, differente da quella riscontrabile in seguito ad altre patologie virali. Poiché l'infiammazione della ghiandola tiroidea risulta particolarmente duratura, anche se la funzionalità rientra nella norma entro tre mesi dalla fase acuta della malattia, vi è il rischio che possano determinarsi effetti a lungo termine e persino la disfunzionalità permanente. Per questa ragione gli endocrinologi sottolineano l'importanza di monitorare costantemente tutti i pazienti Covid che manifestano questo peculiare quadro clinico.

A dimostrare l'impatto della COVID-19 sulla tiroide è stato un team di ricerca italiano guidato da scienziati dell'Università degli Studi di Milano (UNIMI) e della Fondazione IRCCS Ospedale Policlinico Ca' Granda del capoluogo lombardo. Gli scienziati, coordinati dalla professoressa Ilaria Muller, esperta di Endocrinologia, Nefrologia e Scienze dell'Alimentazione presso il Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità dell'ateneo meneghino, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato per mesi l'evoluzione clinica di pazienti Covid che hanno presentato infiammazione alla tiroide. Che il SARS-CoV-2 potesse avere effetti negativi sulla ghiandola del collo lo ha mostrato l'incremento anomalo di pazienti con alterazione degli ormoni tiroidei e infiammazione alla tiroide riscontrato nella primavera del 2020 nell'ospedale di Milano, durante la prima, drammatica ondata di contagi della pandemia di COVID-19 nel nostro Paese. Il 15 percento di quelli ricoverati per infezione da coronavirus presentava simili alterazioni. Per fare un paragone, l'anno precedente solo l'1 percento di tutti i pazienti ricoverati nel nosocomio milanese mostrava tale sintomatologia.

Chi sviluppa una tiroidite (infiammazione della ghiandola tiroidea) a causa di altri virus normalmente recupera la completa funzione tiroidea in breve termine, spiegano gli autori dell'indagine in un comunicato stampa, tuttavia sussiste un aumento del “rischio a lungo termine di una funzione tiroidea permanentemente ridotta, causata da effetti a insorgenza tardiva dell'infezione virale, o dal sistema immunitario che attacca la ghiandola tiroidea”, ha specificato la professoressa Muller. Per comprendere in che modo il SARS-CoV-2 attaccasse la tiroide, gli scienziati italiani hanno messo a punto un programma di sorveglianza ad hoc, con check ogni 3 mesi per i pazienti ricoverati in ospedale con la forma moderata o grave della COVID-19. I pazienti sono stati sottoposti a esami del sangue e test con ultrasuoni per osservare nel dettaglio l'evoluzione dell'infiammazione tiroidea, laddove presente.

Come specificato dalla professoressa Muller, l'infiammazione alla tiroide provocata dal SARS-CoV-2 differisce dalla tiroidite tipica innescata da altre infezioni virali: i pazienti Covid, infatti, non sperimentano dolore al collo, hanno una disfunzione tiroidea lieve e nella maggior parte dei casi si tratta di uomini (che sono anche più esposti alle complicazioni della COVID-19). È stata determinata anche una associazione alla gravità dell'infezione. “Dopo tre mesi, la funzione tiroidea dei pazienti si è normalizzata, ma i segni di infiammazione erano ancora presenti in circa un terzo di essi”, ha detto la professoressa Muller. “Stiamo continuando a monitorare questi pazienti per vedere cosa succederà durante i mesi successivi. È importante sapere se il virus SARS-CoV-2 ha effetti negativi a insorgenza tardiva sulla ghiandola tiroidea, al fine di diagnosticare prontamente ed eventualmente trattare la condizione”, ha aggiunto la scienziata.

Il primo caso di tiroidite da COVID-19 in Italia fu diagnosticato a una ragazza di 18 anni dall’Unità di Endocrinologia 1 dell’Ospedale Universitario di Pisa nella primavera dello scorso anno. La giovane guarì poco tempo dopo grazie a una terapia con glucocorticoidi. La paziente, in questo caso, sperimentò dolore al collo. I dettagli dello studio sulla tiroidite nei pazienti ricoverati a Milano sono stati presentati durante l'ENDO 2021, il meeting annuale internazionale per la ricerca endocrinologica e l'assistenza clinica, che quest'anno si sta tenendo in forma rigorosamente online per via delle restrizioni per la pandemia di COVID-19.

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