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La Cina ci ripensa: resta illegale il commercio di parti di tigre e rinoceronte

Con un comunicato stampa a firma del vicesegretario generale del Consiglio esecutivo di Stato Ding Xuedong, il governo cinese ha annunciato che il divieto di vendita di parti di tigre e rinoceronte entrato in vigore nel 1993 resterà esecutivo. Nei giorni scorsi era stata avanzata la proposta di riaprire il mercato in determinate condizioni, sollevando un coro di proteste e indignazione in tutto il mondo.
A cura di Andrea Centini
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Credit: Mani300
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A pochi giorni dall'annuncio di voler riprendere il commercio di parti di tigre e rinoceronte per usi medici, scientifici e culturali, la Cina ha deciso di fare un repentino e inaspettato dietrofront. In un nuovo comunicato stampa il vicesegretario generale del Consiglio esecutivo di Stato, Ding Xuedong, ha infatti dichiarato che il bando diventato esecutivo nel 1993 resterà in pieno vigore, e che dunque non ci sarà alcuna commercializzazione di parti di questi animali gravemente minacciati di estinzione.

La decisione definitiva, come riporta l'agenzia di stampa Xinhua, è al momento solo sospesa; verranno cioè fatte ulteriori e più approfondite valutazioni prima di riaprire (eventualmente) questo discutibile commercio, anche se rigidamente controllato e legato ad animali allevati in cattività. La retromarcia di Pechino è stata accolta con soddisfazione dalle associazioni ambientaliste di tutto il mondo, in particolar modo dal WWF, che sin dall'annuncio aveva fatto pressione sul governo cinese affinché cambiasse idea. “Il WWF ha accolto con piacere la notizia del rinvio, da parte della Cina, dello stop al bando del commercio interno di corno di rinoceronte e ossa di tigre”, ha dichiarato Margaret Kinnaird, leader del WWF Wildlife Practice. Non è da escludere che sia stato proprio il coro di disapprovazione sollevatosi in tutto il mondo a spingere la Cina a fare il passo indietro.

Fino a 25 anni fa le parti di questi animali venivano ampiamente sfruttate nella medicina tradizionale asiatica, ma a causa della caccia spietata perpetrata dall'uomo, negli ultimi secoli sia i rinoceronti che le tigri sono state portate sull'orlo dell'estinzione. Da qui la decisione di bandirne completamente il commercio anche in Cina; una decisione analoga è stata presa più recentemente per gli oggetti in avorio ottenuti dalle zanne degli elefanti, anch'essi sterminati per interessi economici. Nel 2010 fu la stessa Federazione mondiale delle Società di medicina cinese a indicare ai consumatori di non utilizzare parti di tigre o di altri animali minacciati di estinzione.

La speranza è che il divieto resti in vigore anche dopo l'ulteriore esame annunciato da Xuedong. Del resto, anche se il commercio fosse legato agli sfortunati animali allevati in cattività e sotto rigida regolamentazione, esso farebbe rinvigorire la domanda (ormai crollata) favorendo lo sviluppo di un mercato nero parallelo. Con tutto ciò che ne consegue per queste specie già brutalmente massacrate dall'uomo.

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