L’agghiacciante toilette della ISS: Peggy Whitson svela come vanno al bagno gli astronauti
Andare in bagno nello spazio non è esattamente comodo come nella toilette di casa propria. In realtà, far espletare le funzioni biologiche degli astronauti tra le stelle rappresenta uno dei problemi più importanti da risolvere per le agenzie spaziali, come dimostra la recente competizione “SpacePoopChallenge” indetta dalla NASA per lo sviluppo di una tuta dedicata ai pionieri di Marte. Per i primi uomini che misero i piedi sulla Luna, equipaggiati con maxi pannoloni assorbenti, fu un vero e proprio incubo, ma le cose non sono molto piacevoli nemmeno sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS).
L'esperienza è stata raccontata nel dettaglio in un'intervista a Business Insider da Peggy Whitson, l'ex comandante della ISS conosciuta come la “donna dei record”: non a caso si tratta dell'astronauta della NASA con più giorni trascorsi fra le stelle (ben 665), della donna più anziana ad aver viaggiato nello spazio – ha 57 anni – e quella con più giorni per una singola missione, 288, 88 in più della nostra connazionale Samantha Cristoforetti. Purtroppo la Whitson non potrà aggiornare questi numeri, dato che ha superato i limiti delle radiazioni e non potrà più tornare a bordo della ISS. Sebbene abbia nostalgia dell'affascinante lavoro svolto nel laboratorio orbitante, c'è una cosa che non rimpiange affatto: il bagno.
Il water della ISS, di fabbricazione russa e dal costo di 19mila dollari, è una sorta di cilindro di latta con un piccolo buco in cima. La Whitson ha spiegato che per l'urina non ci sono particolari difficoltà; c'è infatti un apposito imbuto giallo – è possibile vederlo in alto a destra nella foto – da applicare al punto giusto, dotato di una ventola che aspira l'urina. Il tubo a cui è collegato si interfaccia direttamente col sistema di filtraggio, che in otto giorni trasforma il rifiuto biologico in acqua potabile per gli astronauti. In un ambiente come quello della ISS, del resto, il riciclo è fondamentale.
I problemi si presentano con il “numero due”, come ha ironicamente sottolineato la Whitson a Business Insider: “Il numero due è più impegnativo perché stai provando a colpire un obiettivo piuttosto piccolo”. Il riferimento è al piccolo buco piano sopra la tazza di latta. Oltre alle dimensioni, che rendono scomoda l'operaazione, vi è il fatto che le feci finiscono in una sorta di sacchetto, che va sigillato manualmente dopo aver indossato un guanto. Com'è noto, sulla Stazione Spaziale Internazionale la gravità non è quella terrestre, e a volte il sistema non funziona a dovere, così gli astronauti si ritrovano a dover inseguire e acchiappare con le mani dei bisogni galleggianti. Non esattamente una scena idilliaca. Una volta chiuse nei sacchetti, le feci vengono infilate insieme ad altra spazzatura spaziale in apposite capsule, che vengono fatte bruciare a contatto con l'atmosfera terrestre.
[Credit: NASA]