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Italiani scoprono proteina ripara-DNA delle cellule tumorali: speranze per terapia senza chemio

Un team di ricerca italiano guidato da scienziati dell’IRCCS – Istituto Nazionale di Gastroenterologia S. De Bellis di Castellana Grotte (Bari) ha scoperto il ruolo di una proteina delle cellule tumorali, che è in grado di ripararne il DNA. Colpendola con appositi farmaci inibitori, è possibile uccidere il tumore senza dover passare per la chemioterapia.
A cura di Andrea Centini
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La chemioterapia rappresenta ancora oggi una delle armi più efficaci per combattere il cancro, ciò nonostante, benché i farmaci utilizzati siano diventati molto più tollerabili rispetto al passato, l'azione citotossica del trattamento può ancora danneggiare le cellule sane (in particolar modo quelle a replicazione veloce). Lo dimostrano caduta dei capelli, problemi gastrointestinali come vomito e diarrea, riduzione delle difese immunitarie e altri effetti collaterali tipicamente legati a questa terapia anticancro, come specificato sul sito dell'AIRC. Grazie a nuova ricerca coordinata da scienziati italiani, tuttavia, la chemioterapia potrebbe diventare un lontano ricordo per una parte dei pazienti colpiti da alcune diffuse forme di cancro, come quello al seno, al colon e alle ovaie. I ricercatori, infatti, hanno scoperto il ruolo di una proteina nella protezione delle cellule tumorali; inibendola con farmaci ad azione mirata si potrebbero neutralizzare le sole cellule malate, senza passare per la “distruzione a tappeto” della chemio.

A fare questa scoperta, dalla portata potenzialmente rivoluzionaria, è stato un team di ricerca italiano guidato da scienziati dell'IRCCS – Istituto Nazionale di Gastroenterologia S. De Bellis di Castellana Grotte (Bari), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dell'Istituto di Genetica Molecolare “Luigi Luca Cavalli-Sforza” del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Pavia; del Dipartimento di Bioscienze dell'Università degli Studi di Milano; del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell'Università di Bologna; del Dipartimento di Medicina Molecolare dell'Università “Sapienza” di Roma e di altri istituti sparsi per lo Stivale. Gli scienziati, coordinati dal professor Cristiano Simone, docente presso l'Università di Bari “Aldo Moro”, hanno scoperto il ruolo della proteina – chiamata SMYD3 – in appena otto mesi di lavoro, nel cuore di un progetto di ricerca della durata di 5 anni complessivi (anche grazie al finanziamento dell'AIRC).

Come specificato dagli autori dello studio in un comunicato stampa dell'istituto De Bellis, nel nostro organismo ci sono proteine “operaie” che riparano potenziali errori nel DNA delle cellule sane. Un meccanismo del tutto identico è presente anche nelle cellule dei tumori, e un ruolo importante della loro riparazione è giocato proprio dalla proteina SMYD3, conosciuta da diversi anni poiché il gene che la produce è sovraespresso in diversi tipi di tumore. Solo adesso hanno capito il suo effettivo funzionamento, aprendo le porte a terapie mirate (di precisione) in grado di uccidere i tumori senza passare per la chemioterapia. In parole semplici, con un inibitore di SMYD3, le cellule tumorali non sono in grado di ripararsi e sono dunque destinate a morire. Nel loro studio, gli scienziati dell'istituto pugliese hanno dimostrato proprio questo: l'inattivazione di SMYD3 nei test in vitro rende il cancro aggredibile da farmaci specifici.

Il professor Simone e i colleghi hanno sottolineato che le proteine SMYD3 non rappresentano le principali “squadre di manutenzione” del DNA, che sono invece le BRCA1/2 e PARP. Normalmente i farmaci ad azione mirata funzionano solo su pazienti oncologici che presentano determinate mutazioni in questi geni, ma grazie alla scoperta del ruolo di SMYD3 è possibile ampliare il ventaglio di applicazione, proprio perché attaccandola diventa possibile colpire con specifici farmaci – chiamati inibitori PARP – anche i soggetti che non presentano le mutazioni di cui sopra. In base alle stime degli scienziati, una potenziale terapia basata su questa scoperta risparmierebbe la chemioterapia nel 15 percento dei casi di tumore al seno; nell'11 percento dei tumori al colon; nel 15 percento dei tumori dell'ovaio e nel 10 percento dei tumori del pancreas. Numeri assai significativi, considerando quanto sono diffuse queste forme di cancro.

“Il nostro obiettivo è sviluppare gli inibitori di SMYD3 in modo da ottenere farmaci potenti da testare in studi clinici controllati (trials), ai fini di questa nuova terapia farmacologica combinata (SMYD3+PARP)”, ha dichiarato il direttore scientifico del De Bellis Gianluigi Giannelli. I dettagli della ricerca “Targeting SMYD3 to sensitize homologous recombination-proficient tumors to PARP-mediated synthetic lethality” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica iScience del circuito Cell.

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