Influenza, aumento del rischio di ictus e infarto anche a settimane dalla guarigione
L'influenza acuta avvia un'infiammazione in tutto il corpo, che può colpire i vasi sanguigni del cuore e del cervello aumentando il rischio di infarto e ictus anche due/quattro settimane dopo la guarigione. Negli anziani, inoltre, può provocare danni permanenti e dar vita a un declino progressivo e inesorabile. A sottolineare la pericolosità della patologia stagionale – spesso sottovalutata – il professor William Schaffner, il direttore medico della National Foundation for Infectious Diseases (NFID), un'organizzazione senza scopo di lucro fondata nel 1973 con lo scopo di sensibilizzare l'opinione pubblica su cause, conseguenze, prevenzione e trattamento delle malattie infettive.
Lo studioso, che ha partecipato a una conferenza stampa ad hoc dedicata all'imminente stagione influenzale 2018-2019, in precedenza aveva dichiarato che “l'influenza è un'infezione molto brutta, può colpire un adulto perfettamente sano o un bambino e farli finire in terapia intensiva in sole 48 ore”. Proprio per questo ha ribadito l'importanza della vaccinazione per tutta la popolazione con più di sei mesi di età. Anche se la protezione non è garantita al 100 percento a causa delle mutazioni dei virus influenzali e delle previsioni inesatte, come avvenuto lo scorso anno per lo Yamagata B, Schaffner ha detto che il vaccino può “ammorbidire il colpo”, facendo la differenza tra una forma lieve e una forma grave della malattia.
Gli ha fatto eco il dottor Daniel Jernigan, a capo della Divisione Influenza presso i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC – Centers for Disease Control and Prevention), sottolineando che l'altissimo numero di decessi negli Stati Uniti dell'ultima stagione influenzale – ben 80mila – è stato legato anche a una copertura vaccinale più bassa dell'anno precedente, oltre che alla minor efficacia del vaccino stesso. Anche se la vaccinazione è una raccomandazione valida per tutti, Jernigan e Schaffner hanno specificato le categorie con un rischio sensibilmente superiore di sviluppare le complicanze peggiori: bambini, adulti con età superiore ai 65 anni, diabetici, obesi e i malati cronici con patologie cardiache e polmonari. Vaccinarsi, hanno concluso gli studiosi, per chiunque è una responsabilità sociale indipendente dall'età; così si evita di fare da “untori” e diffondere virus che rischiano di colpire e uccidere i soggetti più deboli.