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Covid 19

Il vaccino di Johnson & Johnson a singola dose è efficace all’85% contro la COVID grave

La multinazionale Johnson & Johnson ha pubblicato i risultati sull’efficacia del suo vaccino anti COVID “Ad26.COV2.S”, una preparazione a singola dose basata su un adenovirus inattivato. La protezione è risultata essere dell’85 percento per i soli casi gravi di COVID-19, mentre è risultata del 66 percento per le forme moderate e severe. Nessuno tra i vaccinati è finito in ospedale o è deceduto.
A cura di Andrea Centini
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Tra i 250 vaccini candidati in sperimentazione contro il coronavirus SARS-CoV-2, come indicato nel documento “Draft landscape and tracker of COVID-19 candidate vaccines” dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, ve n'è anche uno messo a punto dalla multinazionale Johnson & Johnson, una preparazione sviluppata presso i laboratori di Janssen Pharmaceutica (che fa parte del colosso americano). Il vaccino, chiamato Ad26.COV2.S, è coinvolto in uno studio di Fase 3 – chiamato ENSEMBLE – ancora in corso, ma ne sono stati appena annunciati i dati sull'efficacia, fondamentali per procedere alla richiesta per l'autorizzazione all'uso d'emergenza alle autorità regolatorie (come l'EMA e l'FDA). I risultati complessivi risultano inferiori rispetto a quanto osservato per i  vaccini a mRNA di Moderna-NIAID e Pfizer-BioNTech, con la differenza che per il vaccino di Johnson & Johnson è sufficiente una singola dose anziché due. Tenendo presenti i problemi produttivi e logistici che si stanno verificando nella distribuzione delle altre preparazioni, con tagli ai lotti e ritardi, un vaccino anti COVID monodose potrebbe fare comunque una grossa differenza nella lotta alla pandemia, pur mostrano un'efficacia inferiore.

Come evidenziato nel comunicato stampa di Johnson & Johnson, l'efficacia è stata valutata a quattro settimane dall'inoculazione, proprio nel momento in cui è previsto il richiamo per i vaccini a doppia dose (tutti quelli approvati sino ad oggi). In base ai risultati, l'efficacia complessiva dell'Ad26.COV2.S è risultata essere del 66 percento nel prevenire la forma moderata e grave della COVID-19, l'infezione provocata dal coronavirus SARS-CoV-2. La protezione per la sola forma grave è stata invece dell'85 percento. Nello studio di Fase 3 ENSEMBLE sono stati coinvolti poco meno di 44mila volontari, nei quali sono emersi 468 casi di COVID-19 sintomatica. I test sono stati condotti negli Stati Uniti, in America Latina e in Sudafrica, mostrando un'efficacia media differente. Se infatti negli USA è stata del 72 percento e in America Latina del 66 percento, in Sudafrica è risultata essere del 57 percento. In questo Paese, del resto, circola la variante sudafricana del coronavirus chiamata B.1.351 (o 501Y.V2 – 20H / 501Y.V2), nota per essere più trasmissibile (come quella inglese) e con una certa capacità di eludere gli anticorpi. L'efficacia del 57 percento contro questa variante è comunque leggermente superiore a quella del 49,4 percento registrata per il vaccino di Novavax.

Nello studio ENSEMBLE gli scienziati hanno definito “caso grave di COVID-19”, la presenza di sintomi compatibili con una grave malattia sistemica; il ricovero in un'unità di terapia intensiva; insufficienza respiratoria; shock; insufficienza d'organo e la morte, come indicato nel comunicato stampa della società americana. Come indicato, la protezione dai casi gravi è risultata essere dell'85 percento, ma completa (cioè del 100%) per quanto concerne il ricovero in ospedale e il decesso a 28 giorni dall'inoculazione. In altri termini, nessuno tra i vaccinati ha avuto bisogno di un ricovero in ospedale o è morto in seguito alla comparsa dei sintomi. “Questi risultati con un candidato vaccino COVID-19 a iniezione singola rappresentano un momento promettente. Il potenziale per ridurre in modo significativo il numero di malattie gravi, fornendo un vaccino efficace e ben tollerato con una singola immunizzazione, è una componente fondamentale della risposta della salute pubblica globale”, ha dichiarato il dottor Paul Stoffels Vicepresidente del Comitato esecutivo e Direttore scientifico di Johnson & Johnson. “Un vaccino one-shot è considerato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità la migliore opzione in contesti pandemici, migliorando l'accesso, la distribuzione e la conformità. L'ottantacinque percento di efficacia nella prevenzione della malattia grave malattia da COVID-19 e la prevenzione degli interventi medici correlati a COVID-19 proteggeranno potenzialmente centinaia di milioni di persone dagli esiti gravi e fatali della COVID-19”, ha aggiunto lo scienziato. Il vaccino è stato ben tollerato, con la comparsa (attesa) di effetti collaterali lievi come la febbre. "Gli eventi avversi severi sono stati più numerosi nei partecipanti che hanno ricevuto placebo e non è stata osservata anafilassi", specifica Johnson & Johnson.

Come funziona il vaccino di Johnson & Johnson

Il vaccino Ad26.COV2.S di Johnson & Johnson si basa su un adenovirus chiamato Ad26, ingegnerizzato in laboratorio per essere reso innocuo e non provocare infezioni una volta inoculato. Viene stato trasformato in una sorta di "navetta di trasporto" per caricare un gene con le informazioni genetiche della proteina S o Spike del coronavirus SARS-CoV-2, che una volta “consegnata” nel nostro organismo innesca la risposta anticorpale e cellulare del sistema immunitario. L'Ad26.COV2.S può essere conservato per due anni a una temperatura di – 20 ° C, ma per tre mesi resta stabile anche a temperature da frigorifero comprese tra i 2 e gli 8 ° C. Entro i primi 10 giorni di febbraio dovrebbe essere depositata la richiesta per l'uso di emergenza all'FDA, e a stretto giro potrebbe essere fatta comunicazione anche all'Agenzia Europea per i Medicinali. In Italia dovrebbero arrivarne oltre 53 milioni di dosi entro la fine del 2021, mentre negli Stati Uniti è attesa la consegna di 100 milioni nello stesso arco di tempo.

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