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Il transito di Venere e la misura dell’Universo

In passato il fenomeno rivestì un’importanza eccezionale, poiché servì agli astronomi per calcolare la distanza del Sole dalla Terra e, dunque, l’ampiezza del sistema solare.
A cura di Nadia Vitali
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transito di venere

La prima misurazione in assoluto della distanza tra noi e la Stella infuocata da cui dipendiamo per la nostra stessa sopravvivenza, pare sia da attribuire ad Eratostene di Cirene, il filologo alessandrino vissuto nel III secolo a. C.: è noto come i greci fossero in possesso di avanzate e profonde conoscenze in numerosi campi del sapere, non ultima l'astronomia, anche se in relazione a questa notizia non è possibile avere la certezza assoluta. Ad ogni modo, il calcolo dell'ampiezza di quello spazio immenso che ci separa dal Sole sarebbe stato uno dei grandi obiettivi per gli osservatori dei cieli: un obiettivo che, successivamente, sarebbe stato finalmente raggiunto grazie anche al fenomeno del transito di Venere a cui, il 6 giugno, potremo assistere anche noi.

Il calcolo di Keplero– Grazie ad un raro allineamento celestiale, infatti, il Pianeta Venere sfila lentamente dinanzi al disco luminoso impiegando circa sei ore per il proprio passaggio: un evento eccezionalmente infrequente, a causa del fatto che le orbite di Terra e Venere non giacciono sullo stesso piano, anche se non spettacolare come può dirsi un eclissi o il passaggio di una cometa, dal momento che il puntino che "oscurerà" il sole sarà, in realtà, più piccolo di questo di ben trenta volte. Il primo che riuscì a calcolare quando il prossimo di questi eventi avrebbe avuto luogo (nell'arco di 243 anni se ne verificano quattro, con due coppie separate da un intervallo di otto anni che si ripetono in un tempo che supera il secolo) fu Giovanni Keplero che nel 1627 aveva previsto il passaggio del 1631: tuttavia egli stesso morì nel 1630 e i suoi calcoli, ancora troppo poco precisi, non servirono ad altri osservatori.

Keplero

Il secondo passaggio del ‘600 – Il successivo transito di Venere nel 1639, viceversa, venne previsto ed osservato da un astronomo britannico, Jeremiah Horrocks, il 24 novembre del 1639 (la data fa riferimento al calendario giuliano, all'epoca ancora in uso in Inghilterra, mentre per il calendario gregoriano vigente si tratta del 4 dicembre: negli ultimi cinque secoli i transiti si sono verificati sempre a dicembre o a giugno). Occhi puntati nella stessa direzione, quelli dell'amico e matematico William Crabtree. Horrocks fu il primo a comprendere quale fosse la cadenza cronologica dell'evento ed azzardò una prima ipotesi di calcolo della distanza tra Sole e Terra i cui risultati, sebbene si rivelarono col tempo essere piuttosto inferiori rispetto alle successive misurazioni, costituirono comunque i dati più accurati ed attendibili del tempo.

Circa centoventuno anni dopo – Atteso con trepidazione degli scienziati di oltre un secolo più tardi, il transito di Venere si ripresentò puntuale il 6 giugno del 1761: innovativi strumenti e nuovi calcoli teorizzati per stimare finalmente la sospirata misura del Sistema Solare erano già pronti. Edmund Halley, lo scopritore della celeberrima cometa che reca il suo nome, nel 1716 aveva escogitato un meccanismo per arrivare a conoscere finalmente la distanza del Sole dalla Terra, registrando l'orario di inizio e fine dell'evento da punti ampiamente distanti del globo terrestre e grazie a calcoli trigonometrici. Purtroppo, però, nonostante l'entusiastica chiamata all'osservazione partita da Halley, il transito del 1761 avvenne "sotto una cattiva stella": Inghilterra e Francia, dove avevano sede le più prestigiose accademie astronomiche, combattevano la guerra dei sette anni e l'entusiasmo degli scienziati per il fenomeno si scontrava con le difficoltà e i pericoli in cui si poteva incappare spostandosi in terre remote, sede di colonie in cui si combatteva. Celebre, in proposito, il caso di Guillaume Le Gentil che "rincorse" lo spettacolare evento nelle due occasioni offerte dal XVIII secolo. Nel 1761 Le Gentil viaggiava verso Pondicherry, territorio francese in India che, tuttavia, al suo arrivo era passato all'Inghilterra nell'ambito della guerra: costretto ad osservare il fenomeno dalla nave non riuscì nel proprio intento neanche otto anni dopo, quando furono le condizioni climatiche a impedirglielo.

cook

Inizia l'età dei viaggi, delle esplorazioni, delle grandi scoperte scientifiche – Venne, finalmente, il 1769 e con esso decine di viaggi partiti alla volta di Paesi esotici dai quali osservare al meglio. La maggiore delle spedizioni, fu quella organizzata da James Cook per conto della Royal Society in direzione Tahiti, dove venne costruito un piccolo osservatorio: tornato in Inghilterra nel 1771, Cook consentì, grazie ai dati che portò in patria, di riuscire a compiere una stima ancora più precisa, confrontata con quelle provenienti da tutti gli altri esploratori intorno al Pianeta. Si trattò di una delle prime collaborazioni internazionali nell'ambito scientifico, preludio di un tempo che avrebbe visto la ragione diventare il nuovo vessillo nelle mani dei più progressisti. Il calcolo riuscì imperfetto ma con una buona approssimazione: l'età dei satelliti e delle sonde spaziali era ancora troppo lontana. Ma le osservazioni proseguirono, e anzi diventarono sempre più ampie e coinvolsero un numero crescente non solo di studiosi ma anche di semplici appassionati, e così grazie ai due transiti del 1874 e del 1882, il margine di errore diminuì e gli uomini poterono, finalmente, conoscere la misura della distanza tra Terra e Sole. Oggi (già da qualche anno, in verità) l'atmosfera e le nubi venusiane vengono studiate dalla missione Venus Express, la sonda in orbita attorno a Venere: decisamente, da allora, molta strada è stata percorsa e i segreti del Sistema Solare sembrano diminuire sempre più.

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