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Il farmaco Anakinra abbatte la mortalità dei pazienti Covid gravi fino all’80%: lo studio su Nature

Attraverso uno studio in doppio cieco, randomizzato e controllato con placebo (chiamato SAVE-MORE) un team di ricerca italo-greco ha determinato che il farmaco antinfiammatorio Anakinra, utilizzato per combattere l’artrite reumatoide, può abbattere la mortalità nei pazienti Covid gravi fino all’80 percento. Un risultato straordinario che può rivoluzionare la lotta alla pandemia. L’EMA si pronuncerà entro il mese di ottobre.
A cura di Andrea Centini
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L'Anakinra, un farmaco antinfiammatorio utilizzato per trattare l'artrite reumatoide e altre patologie, può abbattere la mortalità nei pazienti Covid fino all'80 percento, secondo un nuovo studio pubblicato su Nature. È un risultato straordinario, che lo rende una delle armi più preziose che abbiamo nella lotta alla pandemia di COVID-19. Sin da quando è scoppiata medici e scienziati si sono messi duramente a lavoro per combatterla, sia attraverso farmaci già a disposizione (uso off-label) che ricercando nuove molecole e principi attivi. Nel giro di pochi mesi diversi medicinali sono stati promossi a "panacea contro ogni male", per poi crollare inesorabilmente sotto al peso dei risultati degli studi clinici. L'idrossiclorochina è l'esempio più calzante, ma anche l'ivermectina che aveva dato buoni risultati nei test preclinici si è dimostrata inefficace (nonostante la narrazione antivaccinista). Anche la terapia col plasma iperimmune non ha dato i frutti sperati, non riducendo la mortalità e il rischio di progressione verso la forma grave dell'infezione. Uno dei farmaci che era stato inizialmente “snobbato”, il corticosteroide desametasone, si è invece dimostrato uno dei più utili nel trattare i pazienti contagiati dal coronavirus SARS-CoV-2, riducendo la mortalità del 30 percento. Ora l'Anakinra, farmaco sperimentale sviluppato da Swedish Orphan Biovitrum, sembra dimostrare un'efficacia ancora maggiore: nel nuovo studio clinico la mortalità dei pazienti con COVID-19 (moderata o grave) è stata infatti abbattuta fino all'80 percento, in coloro che probabilmente avevano sviluppato la tempesta di citochine, una grave complicanza potenzialmente fatale.

A determinare l'enorme potenziale dell'Anakinra nella lotta alla COVID-19 è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati greci dell'Università Nazionale e Capodistriana di Atene e dell'Istituto Ellenico per lo Studio della Sepsi, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Malattie Infettive Tropicali e Microbiologia dell'IRCSS Ospedale Sacro Cuore – Negrar, dell'Unità di Immunologia, Reumatologia, Allergie e Malattie Rare (UnIRAR) dell'IRCCS Ospedale San Raffaele, dell'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, dell'Ospedale Policlinico San Martino IRCCS, del Dipartimento di Scienze della Salute dell'Università di Genova, dell'Ospedale Generale Tzaneio del Pireo e di altri istituti. Gli scienziati, coordinati dal professor Evangelos J. Giamarellos-Bourboulis, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto un approfondito studio in doppio cieco, randomizzato e controllato (chiamato SAVE-MORE) per verificare l'efficacia e la sicurezza dell'Anakinra. Sono stati coinvolti circa 600 pazienti a rischio di progressione verso l'insufficienza respiratoria; quasi tutti (l'85,6 percento) erano trattati proprio col desametasone.

A un mese dalla somministrazione del farmaco, scrivono gli studiosi, le probabilità di avere uno stato clinico peggiore dopo la somministrazione dell'Anakinra rispetto al placebo erano di 0,36 (con intervallo di confidenza al 95%, 0,26- 0,50). Grazie al farmaco antinfiammatorio “la percentuale di pazienti che si sono completamente ripresi ha superato il 50 percento e il numero di pazienti che sono rimasti con una malattia grave è stato ridotto del 54 percento”. “La maggior parte della popolazione dello studio aveva la COVID-19 grave al basale e l'85,9 percento stava ricevendo un trattamento standard di cura che contemplava il desametasone. La riduzione relativa della mortalità è stata del 55 percento e ha raggiunto l'80 percento per i pazienti che probabilmente avevano una tempesta di citochine”, hanno affermato Giamarellos-Bourboulis e colleghi.

L'Anakinra è tecnicamente un farmaco “modificatore della risposta biologica” (BRM), un antagonista del recettore dell'interleuchina 1 (IL1). In parole semplici contrasta attivamente questa citochina, una delle molecole proteiche infiammatorie che possono accumularsi nell'organismo in seguito a determinate patologie, come l'artrite reumatoide (per cui l'Anakinra è pensato) e la COVID-19. Com'è noto, l'infezione da coronavirus SARS-CoV-2 può innescare una risposta immunitaria alterata con esagerata produzione di molecole infiammatorie, la già citata tempesta di citochine (o tempesta citochinica), che a sua volta può portare all'ARDS (la sindrome da distress respiratorio acuto) e al decesso del paziente. Proprio perché si tratta di un antagonista delle citochine medici e gli scienziati hanno pensato di utilizzare l'Anakinra per combattere la COVID-19. E i risultati dello studio SAVE-MORE hanno dato loro ampia ragione.

Ad accoglierli con ottimismo diversi esperti, tra i quali anche Guido Rasi, l'ex direttore esecutivo dell’Agenzia europea del farmaco (EMA) e tra i consiglieri del generale Francesco Paolo Figliuolo, che all'AdnKronos ha dichiarato: “L’Anakinra sembra essere tra quelli più promettenti, visto che ha dato risultati buoni, e potrebbe a breve uscire dalla fase sperimentale per essere usato su pazienti in fase avanzata della malattia”. La professoressa Antonella Viola, docente di Patologia generale presso il Dipartimento di Scienze biomediche dell'Università di Padova e direttore scientifico dell'Istituto di Ricerca Pediatrica (IRP-Città della Speranza), ha dichiarato a Repubblica: “È un ottimo risultato, in parte atteso visto il ruolo chiave dell'interleuchina 1 nell'infiammazione e nella patologia severa causata da SARS-CoV-2. La ricerca continua a mostrare che il sistema immunitario è il target migliore per ridurre la mortalità da COVID-19”. La scienziata ha aggiunto che si stratta di un farmaco per pazienti gravi, dunque l'Anakinra è un farmaco per salvare le vite “ma non per bloccare il virus, per questo ci vuole il vaccino”, ha chiosato la professoressa Viola. L'Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) si pronuncerà sull'Anakinra entro ottobre, l'AIFA dovrebbe seguirla a breve. I dettagli della ricerca “Early treatment of COVID-19 with anakinra guided by soluble urokinase plasminogen receptor plasma levels: a double-blind, randomized controlled phase 3 trial” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Nature Medicine.

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