Il coronavirus sta mutando poco: perché è una buona notizia
Il nuovo coronavirus emerso in Cina (SARS-CoV-2) sta mutando poco. A confermarlo vi è il sequenziamento del genoma di 104 ceppi del patogeno, isolati in campioni biologici di pazienti cinesi tra la metà del mese di dicembre 2019 e la metà di febbraio 2020. Il profilo genetico dei vari ceppi risulta infatti essere simile al 99,9 percento; ciò indica che il nuovo coronavirus, responsabile dell'infezione chiamata COVID-19 dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, si è modificato pochissimo da quando ha iniziato a diffondersi nell'uomo (secondo uno studio italiano il salto di specie sarebbe avvenuto tra il 20 e il 25 novembre dello scorso anno).
A confermare il ridotto tasso di mutazione del coronavirus SARS-CoV-2 vi è un rapporto citato dall'autorevole rivista scientifica Nature. Questa caratteristica può essere considerata una buona notizia, poiché il patogeno – come tutti i virus – muta all'interno delle comunità in cui è diffuso replicazione dopo replicazione, e ciò può determinare nuovi adattamenti che potrebbero renderlo più aggressivo e letale (ma anche meno infettivo, trattandosi di mutazioni casuali). Recentemente gli scienziati dell’Istituto di Scienze Biomediche presso l'Ospedale Sacco di Milano hanno isolato il ceppo italiano del coronavirus da quattro pazienti provenienti da Codogno. Grazie a questi dati non solo è possibile gettate le basi per test diagnostici, farmaci e vaccini contro la COVID-19, ma si possono mettere a confronto anche i ceppi per verificare il tasso di mutazione a livello internazionale. Quando anche il ceppo italiano verrà messo a confronto con quello cinese, sapremo se e quanto il coronavirus presente nel nostro Paese sta divergendo da quello “originale”.
Come dichiarato ad Adnkronos dal genetista ed ex rettore dell'Università Tor Vergata di Roma Giuseppe Novelli, il coronavirus è un “virus a RNA lungo 30 mila lettere”, che in base ai dati iniziali sembrerebbe cambiare “una lettera ogni mille” dopo ogni replicazione. Ciò lo rende più veloce della SARS “che cambiava una lettera ogni 10mila”, ha spiegato lo specialista. Tuttavia i nuovi dati emersi dall'analisi condotta in Cina sembrano essere rassicuranti sotto questo punto di vista. Come indicato, sarà necessario confrontare i ceppi isolati nei diversi Paesi per capire eventuali divergenze, magari agevolate dalle condizioni climatiche o dal profilo genetico di una specifica popolazione.
Dal report citato da Nature è emerso anche che l'età media delle persone infettate dal nuovo coronavirus è di 51 anni, e che la maggior parte dei casi è stata diffusa da persona a persona, quando si trovavano all'interno di ospedali, carceri o abitazioni, “il che implica che è necessario un contatto ravvicinato per la diffusione del virus tra le persone”, si legge nel documento. I dati preliminari sui contagi della provincia di Guangdong suggeriscono che la trasmissione per via aerea non sembrerebbe essere tra le principali; quella privilegiata è attraverso il “droplet”, ovvero il contatto con le goccioline espulse dalla bocca quando si parla, tossisce e starnutisce. La Cina ha confermato che anche l'aerosol rilasciato da feci e urine può essere considerato un metodo di trasmissione.
Agire contro il virus
Come dichiarato a fanpage dalla virologa Ilaria Capua, non ci si deve preoccupare del coronavirus perché “è solo fonte di agitazione, e di sicuro non cambia il corso delle cose”, tuttavia è importante non sottovalutare il problema e “agire per mitigare il contagio”, seguendo le misure di sicurezza indicate dal governo ed evitando comportamenti che potrebbero favorire la trasmissione. “Noi dobbiamo mettere in atto strategie che consentano di infettare il minor numero di queste persone: questo è il nostro obiettivo”.