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Covid 19

Il coronavirus si può prevenire? L’idrossiclorochina sarà testata su 40mila medici e infermieri

L’Università di Oxford condurrà uno studio su circa 40mila medici e infermieri per stabilire se il farmaco antimalarico idrossiclorochina (derivato della clorochina) sia realmente efficace nel contrasto alla COVID-19, l’infezione scatenata dal coronavirus SARS-CoV-2. Il farmaco è balzato agli onori della cronaca per la “promozione” di Donald Trump e i risultati di uno studio controverso. I risultati della ricerca arriveranno entro un anno.
A cura di Andrea Centini
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Uno studio su 40mila operatori sanitari impegnati nel contrasto alla COVID-19, l'infezione scatenata dal coronavirus SARS-CoV-2, dovrebbe dare una risposta concreta e definitiva sull'efficacia preventiva della clorochina e del suo derivato idrossiclorochina, considerati tra i farmaci più promettenti. Il secondo principio attivo è caratterizzato da una minore tossicità rispetto all'“originale” (grazie all'introduzione di un gruppo idrossilico nella molecola) ed è prodotto e venduto dal colosso farmaceutico francese SANOFI col nome commerciale di Plaquenil.

I due farmaci antimalarici hanno ricevuto nelle ultime settimane una notevole esposizione mediatica, in particolar modo per la promozione da parte del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che in un cinguettio su Twitter ha addirittura affermato che l'idrossiclorochina, in associazione con l'antibiotico azitromicina, ha la reale chance di avere un ruolo da “game changer” nella storia della medicina. Leggendo tra le righe, il presidente americano suggerisce che la combinazione possa essere in grado di sconfiggere il coronavirus. La discussione sui medicinali è stata alimentata anche dai risultati di un controverso studio condotto su 80 pazienti dai professori Philippe Gautret e Didier Raoult dell'istituto IHU-Méditerranée Infection di Marseille, nel quale è stata evidenziata una notevole riduzione della carica virale dopo la somministrazione del farmaco.

Contro la ricerca si sono scagliati molti colleghi e anche la rivista scientifica (Mediteranee Infection) sul quale è stato pubblicato, per il numero ridotto dei pazienti coinvolti, l'esecuzione non basata sulle evidenze scientifiche e il fatto che la stragrande maggioranza dei pazienti avesse sintomi lievissimi. Di COVID-19, del resto, guarisce spontaneamente la quasi totalità dei pazienti. A rendere la situazione ancor più intricata, i risultati di un altro studio condotto da scienziati del Dipartimento di Malattie Infettive presso il Saint Louis Hospital di Parigi, i quali non hanno osservato alcun beneficio in una decina di pazienti trattati con idrossiclorochina e azitromicina. In questo caso i partecipanti presentavano sintomi più gravi di quelli coinvolti nell'altra ricerca transalpina (uno è morto, due sono stati ricoverati in terapia intensiva e uno è stato escluso per complicazioni), ma sono comunque troppo pochi per trarre conclusioni definitive.

L'unico modo per sapere se davvero questi farmaci sono efficaci contro il coronavirus è testarli su un grande numero di persone esposte al rischio di contagio. Per questo gli scienziati britannici dell'Università di Oxford che hanno messo a punto il trial hanno deciso di coinvolgere 40mila tra medici e infermieri in prima linea nel contrasto alla COVID-19. I partecipanti, tutti sani al momento dell'accesso allo studio, saranno selezionati in 50-100 ospedali di tre continenti diversi, ovvero Asia, Europa ed Africa. A una metà verrà dato un placebo, all'altra metà dosi di idrossiclorochina. Lo studio sarà in doppio cieco; ciò significa che né i pazienti né i ricercatori che condurranno lo studio sapranno a chi verrà somministrato cosa. È il metodo migliore per comprendere l'efficacia di un farmaco, senza fattori che possano influenzare le scelte degli scienziati. Lo studio ha come obiettivo principale quello di comprendere il potere profilattico del farmaco antimalarico, ovvero nel prevenire la patologia o comunque renderla meno aggressiva in caso di contagio.

L'idrossiclorochina presenta comunque effetti collaterali da non sottovalutare (soprattutto a carico del cuore) e prima di essere distribuito a livello globale è fondamentale verificarne la reale efficacia contro il coronavirus. La disponibilità del Plaquenil è inoltre ridotta, dato che viene utilizzata anche nel contrasto di patologie autoimmuni come lupus eritematoso, artrite reumatoide e la porfiria cutanea tarda. I risultati dello studio dovrebbero essere resi disponibili entro la primavera del prossimo anno.

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