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Covid 19

Il coronavirus potrebbe danneggiare il cuore in modo permanente, anche nelle persone sane

Un team di ricerca americano guidato da scienziati dell’Università del Texas ha determinato che il coronavirus SARS-CoV-2 potrebbe determinare danni permanenti al cuore. Più a rischio sono i pazienti con patologie cardiovascolari pregresse, ma anche le persone con un cuore sano rischiano complicazioni potenzialmente fatali.
A cura di Andrea Centini
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La COVID-19, l'infezione scatenata dal nuovo coronavirus emerso in Cina (SARS-CoV-2), potrebbe determinare anche danni permanenti al cuore. Inoltre, benché i pazienti più a rischio siano quelli con pregresse patologie al sistema cardiovascolare, non sarebbero al sicuro da questa potenziale complicazione anche le persone con un cuore perfettamente sano. Si tratta dell'ennesimo studio a sottolineare la pericolosità del patogeno, responsabile di una pandemia che, nel momento in cui stiamo scrivendo, sulla base della mappa interattiva messa a punto dall'Università Johns Hopkins ha infettato quasi 600mila persone e ne ha uccise circa 30mila. L'Italia è il Paese che ad oggi ha versato il tributo più grande in termini di vittime, con ben 9.134 decessi, fra i quali oltre 50 medici.

A determinare il legame tra la COVID-19 e potenziali danni permanenti al cuore è stato un team di ricerca americano guidato da scienziati della McGovern Medical School presso la University of Texas Health Science Center di Houston, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Texas Heart Institute di Houston, del Brigham and Women's Hospital (uno dei centri di più attivi nel campo delle indagini epidemiologiche), della Facoltà di Medicina dell'Università di Harvard e l'Università del Minnesota di Minneapolis. Gli scienziati, coordinati dal professor Mohammad Madjid, docente presso il Dipartimento di Medicina dell'ateneo texano, sono giunti alla loro conclusione dopo aver elaborato uno studio di revisione nel quale sono stati valutati gli effetti dei coronavirus in generale (e del SARS-CoV-2 in particolare) sul sistema cardiovascolare.

Gli scienziati hanno sottolineato nel proprio articolo che il danno cardiaco acuto legato a elevati livelli di troponina (enzima le cui elevate concentrazioni possono essere indice di infarto) “è comunemente osservato nei casi più gravi [di COVID-19 ndr] ed è fortemente associato alla mortalità”. La malattia – proseguono gli scienziati – è associata a un elevato carico infiammatorio “che può indurre infiammazione vascolare, miocardite e aritmie cardiache”. Ciò è in linea con quanto riportato dalla letteratura medica sui virus respiratori, per i quali è stato più volte dimostrato un legame tra le infezioni scatenate e complicanze al sistema cardiocircolatorio, come le già citate aritmie e l'insufficienza cardiaca. Inoltre, affermano gli autori dello studio, tra i fattori di rischio per la mortalità della COVID-19 vi sono il sesso maschile, l'età avanzata e la presenza di comorbidità, che spesso includono problemi cardiovascolari (come l'ipertensione), oltre al diabete mellito. Il coronavirus non farebbe altro che esacerbare i problemi cardiaci già presenti (più diffusi nei maschi) e risultare letale nei pazienti più suscettibili.

Come specificato, tuttavia, a rischio non vi sono solo le persone già malate: “È probabile che anche in assenza di malattie cardiovascolari, il muscolo cardiaco possa essere colpito dal coronavirus. Danni cardiaci possono verificarsi in qualunque paziente, con o senza pregresse malattie cardiovascolari, ma il rischio è più alto per coloro che soffrono già di cuore, ad esempio ipertesi o pazienti con problemi delle arterie coronarie che ossigenano il cuore”, ha dichiarato il professor Madjid. In precedenza è stato ipotizzato che il coronavirus possa danneggiare anche il sistema nervoso centrale. I dettagli della ricerca americana sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica JAMA Cardiology.

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