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Covid 19

Il coronavirus non si trasmette con lo smartphone: la conferma dell’infettivologo

L’infettivologo Massimo Andreoni, docente di malattie infettive presso l’Università Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e parassitarie (SIMIT), ha dichiarato all’ANSA che non c’è da preoccuparsi sulla possibile diffusione della COVID-19 attraverso gli smartphone. Lo studioso ha spiegato infatti che il virus “ha bisogno di cellule viventi per replicare”.
A cura di Andrea Centini
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Il nuovo coronavirus emerso in Cina (SARS-CoV-2) non si trasmette con lo smartphone. A rassicurare gli utenti su questo potenziale rischio è stato l'infettivologo Massimo Andreoni, docente di malattie infettive presso l'Università Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e parassitarie (SIMIT). Lo scienziato, intervistato all'ANSA, ha sottolineato che i virus necessitano delle cellule di un ospite per replicarsi – sono del resto parassiti assoluti -, dunque lo schermo di uno smartphone non rappresenta una minaccia nella diffusione della COVID-19, l'infezione respiratoria scaturita dal patogeno che ha fatto il salto di specie a Wuhan, nella provincia di Hubei.

“Lo smartphone può essere un veicolo di trasmissione di germi resistenti, diversa cosa è un virus che ha bisogno di cellule viventi per replicare. Starei attento in questo momento a correlarlo al problema coronavirus. Ha invece un senso nelle infezioni correlate all'assistenza”, ha dichiarato all'ANSA il professor Andreoni. “Così come i medici sono abituati a disinfettare il fonendoscopio e gli apparecchi per la pressione, certamente se si curano pazienti con germi multi-resistenti ci sono diverse precauzioni da prendere; come usare i guanti, igienizzare le mani e non usare il telefono se si sono igienizzate le mani, affinché il dispositivo possa non essere contaminato”, ha aggiunto lo specialista. “In questo momento non tutto può essere ricondotto al coronavirus, altrimenti lo smartphone diventa come la maniglia della porta: toccandola ci si infetta”, ha concluso Andreani.

La sopravvivenza dei coronavirus sulle superfici

La dichiarazione di Andreoni sembrerebbe contrastare con quanto affermato dal portavoce dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il dottor Christian Lindmeier, intervenuto in seno a una conferenza stampa tenutasi a Ginevra: “Se io tossisco sulla mano e passo un telefono, per esempio, ci può essere contagio – ha dichiarato Lindmeier – ma il tempo di sopravvivenza del virus è molto, molto ridotto e forse dopo mezzora non può più contaminare le persone”. Proprio il tempo di sopravvivenza sulle superfici dei coronavirus è stato oggetto di un recente studio condotto da scienziati tedeschi dell'Università di Medicina di Greifswald e dell'Università della Ruhr di Bochum. I ricercatori hanno determinato che i coronavirus della SARS, della MERS e quelli endemici umani (HcoV) possono resistere su superfici come vetro, plastica e metallo fino a nove giorni, nel caso in cui trovassero condizioni di temperatura e umidità favorevoli. Il loro tempo di sopravvivenza medio sarebbe tuttavia di quattro/cinque giorni. Va sottolineato che gli scienziati guidati dal professor Günter Kampf non hanno verificato la sopravvivenza del SARS-CoV-2 per mancanza di dati, ma ritengono che le informazioni rilevate possano essere applicate anche a quest'ultimo.

Virologo Pregliasco: "carica virale si riduce"

A intervenire sulla possibilità di sopravvivenza del coronavirus sulle superfici è stato anche il virologo Fabrizio Pregliasco, che a fanpage ha dichiarato: “I coronavirus in generale hanno questa situazione di rischio, o meglio, di possibilità di sopravvivenza a seconda delle condizioni ambientali. Se ci sono alta umidità, bassa temperatura. Quello tedesco è un lavoro di revisione scientifica di 22 lavori fatti nel tempo sui coronavirus in generale, non su questo nuovo. Si evidenzia che una carica virale può resistere per nove giorni in base a condizioni favorenti, ma ovviamente la carica virale si riduce”. Per precisare il suo ragionamento lo specialista ha aggiunto: “Mi viene in mente l'HIV; il professor Aiuti a suo tempo baciò in diretta TV una giovane sieropositiva, nell'ottica di dire che è vero, il soggetto HIV ha dei virus addirittura nella saliva, nelle lacrime e nel sudore, ma non in una concentrazione virale sufficiente affinché l'infezione sia efficace. Non è che ogni contatto determina la malattia, proprio perché ci vuole una carica infettante adeguata. Il consiglio è sempre quello di lavarsi le mani”. Insomma, basta seguire le norme di igiene personale e i comportamenti raccomandati dall'Istituto Superiore di Sanità nel vademecum pubblicato online per ridurre al minimo il rischio di esposizione al nuovo coronavirus emerso in Cina.

Inevitabile l'arrivo del coronavirus nel nostro Paese

La virologa di fama internazionale Ilaria Capua ha dichiarato a fanpage che c'è stato troppo ottimismo nel credere che il coronavirus sarebbe stato stato arginato in Cina. “Abbiamo creduto che la Cina, con le misure draconiane che ha messo in atto, potesse tenersi tutto il contagio”. Ora che il virus ha dato vita a due focolai epidemici anche in Italia “dobbiamo fare il più grosso sforzo di responsabilità collettiva della nostra Storia” per provare limitarne la diffusione.

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